Test del dna: chi lo fa, quanto costa e cosa dice la legge
I Test di Paternità sono divenuti oggi pratica comune. Vediamo in dettaglio come funzionano, chi li esegue e, soprattutto, cosa dice la legge al riguardo.
Come funziona: Ogni individuo eredita il proprio patrimonio genetico dai genitori, il 50 per cento dal padre e il 50 per cento dalla madre. Il dna di ciascun individuo è unico, a meno che non si tratti di gemelli identici. Il padre presunto, per essere considerato padre biologico, dovrà possedere metà del profilo genetico presente nel figlio/a. L’affidabilità dei test, eseguiti a regola d’arte, è di oltre il 99,99 per cento. Dato che la metodologia di analisi è basata sulla statistica, il 100 per cento non si raggiunge mai, per ragioni matematiche, ma per avere la certezza basta che il risultato superi il 99,72 per cento.
Come si fa: Attraverso il prelievo di un campione di cellule dal figlio, dal presunto padre e possibilmente dalla madre. Le cellule più adatte sono quelle del sangue o della mucosa della bocca (saliva). Il prelievo si può fare anche a domicilio, utilizzando un apposito kit, in vendita su internet. Poi si spediscono i campioni in un laboratorio. Il campione può essere prelevato anche da un cadavere, prima però della cremazione.
Cosa dice la legge: Il riconoscimento e il disconoscimento di paternità sono regolati dall’articolo 235 del Codice civile. Una sentenza della Corte di cassazione (266 del 2006) ha stabilito che il risultato del test di paternità basato sul dna è da solo sufficiente per il riconoscimento o il disconoscimento di un figlio. I test fatti via internet hanno solo un valore informativo. Perché il test di paternità sia valido come prova in tribunale, il prelievo dei campioni deve essere eseguito in un laboratorio. “Lo scienziato che ha eseguito il test” spiega Francesco Fiorentino, biologo e direttore del laboratorio Genoma, “può presentarsi in tribunale come perito di parte. Tuttavia, in genere, l’attribuzione di paternità si basa su altri elementi, oltre al test”. Il test si può fare anche prima della nascita del figlio, con cellule ricavate dal prelievo dei villi coriali e del liquido amniotico. Nessuno può essere obbligato a sottoporsi al prelievo per una causa civile, ma in genere, se il presunto padre si rifiuta, il giudice gli attribuisce la paternità. Per prelevare campioni di cellule da un minorenne è necessario il consenso di entrambi i genitori (o del tutore legale). Nel caso di figlio maggiorenneè lui medesimo a decidere se procedere o no al test. Se un padre fa il test all’insaputa della madre del bambino, non commette alcun reato, perché la potestà genitoriale si esercita separatamente. Ma il risultato non può essere usato in tribunale.
Da: Panorama.it