Lunga vita al Parco
Settantacinque anni e non li dimostra. Al Circeo grandi manovre per aggiornare le strategie di tutela dell’area protetta Un “unicum” naturale che accoglie ogni estate due milioni e mezzo di persone
Qualcuno l’ha definito l’Agro redento, con riferimento all’opera di risanamento delle paludi pontine realizzata del regime fascista. In realtà il territorio del Parco Nazionale del Circeo, uno dei cinque parchi nazionali storici della penisola, rispetto a quella bonifica è rimasto marginale, un nucleo di foresta e zone umide che nel 1934 si decise si salvare in altro modo.
L’istituzione di quell’area protetta – che quest’anno celebra i suoi 75 anni di vita – evitò il totale disboscamento dell’antica selva di Terracina, salvò - e ne garantì la conservazione –il lago di Sabaudia, la duna costiera, l’habitat del Promontorio del Circeo. Da allora il Parco si è allargato, oggi tutela 8500 ettari di cui cin duemila pubblici, con la più vasta foresta pubblica italiana e 22 chilometri di linea costiera.
Dal 1979 comprende anche l’isola di Zannone. Gli stabilimenti balneari complessivamente coprono solo alcuni chilometri di spiaggia e solo una piccola parte degli oltre due milioni e mezzo di persone che ogni estate prendono d’assalto il litorale ha la percezione di essere all’interno di un parco protetto, di un “unicum” degno di figurare su tutti i libri.
Quattro laghi popolati da 322 specie di uccelli, un promontorio che evoca suggestioni mitologiche, aree archeologiche di eccezionale interesse come quella che ospita la villa di Domiziano.
Dal 2005 esiste un Ente Parco, nato con il preciso compito di garantire sopravvivenza e sviluppo organico a quell’unicum e di contrastare il degrado che dagli anni Sessanta ad oggi urbanizzazione e trasformazione morfologica del costume italiano hanno indubbiamente alimentato.
La sfida è quella di coniugare sviluppo e ambiente, di potenziare in chiave di “sostenibilità” l’industria turistica senza creare danni al territorio protetto. Paradigmatico a questo proposito il caso del Lago di Paola, alle pendici del Circeo, al centro di un braccio di ferro tra chi vorrebbe esaltarne alcune caratteristiche turistiche e chi invece vorrebbe lasciare un habitat incontaminato.
I “custodi” del Parco tentano disperatamente di rilanciare i punti di forza, natura, archeologia, gastronomia. Ma la sfida è difficile. La parola d’ordine è “destagionalizzazione”, vale a dire una strategia che metta le strutture alberghiere in condizione di lavorare anche nei mesi freddi con il turismo congressuale, quello scolastico, il birdwatching e altro.
A parole è fin troppo semplice e ovvio. Nei fatti, politica permettendo, è un progetto di difficile realizzazione.
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