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Comunicato Stampa

Come si combatte lo stereotipo sul lavoro? Junior e Senior minacciati dallo stesso problema

Entro il 2031 un lavoratore su quattro avrà più di 55 anni, ma le aziende lasciano a casa il 70% delle loro competenze soft Solo il 4% delle aziende ha attivato programmi per facilitare le relazioni tra le generazioni Obiettivo? Valorizzare entrambe superando i luoghi comuni

fonte ufficio stampa CommunityÈ lo stereotipo la minaccia più grande sul lavoro per la Gen Z e per i lavoratori senior. E naturalmente non fa bene a loro e non fa bene alle aziende.

Sia giovani che lavoratori più anziani pagano infatti sul lavoro preconcetti che vogliono gli uni poco disponibili a prendersi responsabilità, con nessuna propensione alla leadership e gli altri poco creativi e innovativi e senza nessuna capacità di aprirsi alle novità.

Uno stereotipo che non fa che accrescere le differenze tra generazioni e le difficoltà di integrazione, impoverendo le aziende. Eppure la convivenza in ufficio non solo è possibile ma sarebbe anche generativa di maggiore produttività ed efficacia, per entrambe le categorie di lavoratori.

I dati dell’Osservatorio Vita-Lavoro di Lifeed, che monitora gli oltre 70.000 partecipanti alla piattaforma Lifeed, rivelano infatti che, a causa di questi stereotipi, le imprese “lasciano a casa” il 70% di competenze che le persone allenano ed esprimono nella vita privata e rimane nascosto sul luogo di lavoro. Secondo i dati analizzati, ad esempio, i lavoratori over 50 sviluppano le proprie competenze di innovazione nell’esperienza genitoriale e nella gestione del percorso scolastico dei propri figli (7 partecipanti su 10). Anche il caregiving e l’essere figlio prendendosi cura di un genitore durante una malattia, rappresenta per il 56% dei più anziani una vera e propria palestra di competenze di innovazione, come la flessibilità e la gestione del rischio.

I giovani, d’altra parte, hanno sviluppato competenze di leadership durante diverse transizioni di vita, tra cui la nascita di un figlio (vissuta da circa 6 partecipanti alla ricerca su 10) e la malattia o la perdita di un genitore (vissuta da 1 partecipante su 4).

Ma tutto ciò resta fuori da quelle aziende che si limitano a vedere il ruolo professionale e non quelli privati delle loro risorse.

“Si pensa che i giovani non abbiamo capacità di leadership e i lavoratori senior non sappiano essere creativi ed innovativi. Questo è il preconcetto che tiene bloccate le competenze soft che le persone allenano nella vita privata: competenze di leadership come il problem solving, il lavoro di squadra e l’attitudine a motivare, si allenano su un campo di calcetto, nell’organizzare le vacanze con gli amici, nel progettare un matrimonio o un trasloco. Tutte cose che i giovani fanno quotidianamente, semplicemente vivendo. Allo stesso modo, incastrare le agende di medici e genitori anziani, occuparsi dei pomeriggi dei figli, avere un hobby per i lavoratori più anziani rappresentano palestre di creatività e innovazione enormi. Dai dati emerge un potenziale di competenze complementari tra le generazioni - Martina Borsato, responsabile Osservatorio Vita-Lavoro di Lifeed.

Entro il 2031 i lavoratori con più di 55 anni supereranno un quarto dell’intera forza lavoro nei Paesi del G7, è quindi indispensabile abbattere gli stereotipi legati all’età che interferiscono con l’espressione del pieno potenziale di queste persone.

Lavoratori senior e giovani, infatti, sono più simili di quanto si immagini, con competenze uniche e complementari che devono essere integrate sul lavoro. È questo il cuore pulsante dell'age diversity, un tesoro ancora largamente sottovalutato dalle aziende.

“In un mondo del lavoro sempre più dinamico, la diversità generazionale diventa un motore di innovazione fondamentale per la crescita delle imprese. Favorire lo scambio di conoscenze e prospettive tra generazioni non è solo una scelta strategica, ma una competenza aziendale imprescindibile per mantenere alto il coinvolgimento delle persone, gestire i cambiamenti e rimanere competitive. Per valorizzare l’enorme potenziale dell’age diversity, ci sono alcune buone pratiche: percorsi di formazione che coinvolgano sia i giovani che i senior per apprendere reciprocamente, abilitare i giovani a condividere nuove metodologie di lavoro e nuovi modelli di leadership, mentre i senior trasmettono le strategie acquisite nel corso della loro carriera. Il dialogo tra generazioni è una priorità per il successo delle aziende, ma anche per il progresso sociale. Il futuro è multigenerazionale.” – ha affermato Chiara Bacilieri, Responsabile Innovazione di Lifeed.

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