I confini si proteggono anche con la sicurezza urbana
Il processo di crescita e di capacità dei sistemi orientati alla protezione delle frontiere (aeroporti, porti, stazioni ferroviarie, varchi stradali) rappresenta una tematica significativa nel quadro generale della sicurezza nazionale.
L’attesa principale di ogni dipartimento di Homeland Security è quella di proteggere i confini da ogni forma di minaccia, identificati come una linea geopolitica di separazione fra Stati, corrispondente alla volontà politica di garantirne, al loro interno, la sicurezza nazionale. Il processo di crescita e di capacità dei sistemi orientati alla protezione delle frontiere (aeroporti, porti, stazioni ferroviarie, varchi stradali) rappresenta una tematica significativa nel quadro generale della sicurezza nazionale
Ad esempio negli USA le forze di polizia impegnate nelle attività operative di lotta al terrorismo, contrasto del traffico di droga e dell’immigrazione clandestina, vigilano le frontiere utilizzando tecnologie elettroniche particolarmente sofisticate, analizzando poi, in una sorta di data fusion, le informazioni raccolte tramite le attività Comint (communications intelligence), Sigint (signals intelligence), Elint (electronic intelligence) e Radar (attività tipiche dell’intelligence governativa) come contromisura preventiva nel contrasto delle attività criminali frontaliere.
Un mondo globale
Questo perché, all’indomani dei tragici attacchi del 9/11, apparve subito chiaro come il confine fra la security e defence stesse diventando evanescente, soprattutto in termini geografici; difatti, da quel momento in poi, circoscrivere la dimensione nazionale da quella internazionale, o le classiche operazioni di polizia da quelle tipicamente militari, si è reso impossibile quanto utopico, vivendo ormai nella diffusa consapevolezza di avere a che fare con un terrorismo sempre più globalizzato, in grado di colpire chiunque, ovunque e comunque, in ogni angolo del mondo.
Il DHS americano
I primi a occuparsi fattivamente del problema, come risposta all’attacco terroristico “nine-eleven” sono stati, loro malgrado, proprio gli USA, creando una struttura ad hoc come il Department of Homeland Security (DHS, che sovraintende anche il Secret Service presidenziale), con il primario compito di proteggere, in tema di security, i confini degli Stati Uniti d’America dagli attacchi terroristici e, nello stesso tempo, il territorio da eventi tipicamente safety, come nel caso di eventi naturali disastrosi. La Homeland Security racchiude in sé - attraverso un unico canale strategico di gestione della Difesa, della Sicurezza e dell’Intelligence, l’immane impegno politico e organizzativo attuato dal governo federale per fronteggiare e contrastare la crescente minaccia asimmetrica del terrorismo di matrice fondamentalista. Si occuperà degli aspetti relativi alla protezione della popolazione da eventi indotti dall’uomo - quali terrorismo, sabotaggio, etc. - o naturali – come inondazioni, terremoti, etc., utilizzando i sistemi tradizionali di homeland protection, principalmente costituiti dalle componenti di osservazione e detezione (sensoristica), di decisione (comando e controllo), e di reazione (attuatori), condivisi in rete tramite un integrated communication system.
Durante il Covid
In Italia durante l’emergenza Covid-19 si è sentita l’assenza di un funzionale DHS; nella nostra architettura amministrativa, il concetto di homeland security viene declinato (per astrazione) in sicurezza nazionale, indirizzandosi alla protezione delle infrastrutture critiche nazionali, della popolazione e dei confini di Stato, infatti similari funzioni homeland le ritroviamo come specifiche competenze nel Ministero dell’Interno (con la Polizia di Stato quale ufficio di security, la Difesa Civile e i Vigili del Fuoco quali uffici di safety), e presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri (DIS, AISI e AISE quali agenzie intelligence e di sicurezza nazionale, la Protezione Civile come dipartimento di protezione dai disastri naturali e non). Da tutto ciò si evince come la sicurezza, al di là delle ragioni etimologiche - epistemologiche, rappresenti di per sé un’astrazione multidimensionale, che assume un significato diverso su soggetti diversi.
Non solo confini
Dunque la sicurezza homeland non va erroneamente riferita al solo, quanto complesso, insieme dei confini geografici (marittimo-terrestre-aereo), che ogni nazione sovrana deve ovviamente salvaguardare e proteggere, ma dovrà essere, seppur con sostanziali differenze, supportata anche da coerenti azioni politiche di sicurezza urbana, quale complemento specifico alla HS, perché come si è visto in questi anni, l’una coadiuva l’altra, seppur con le dovute e sostanziali differenze strutturali, tecniche, ambientali, metodologiche.
Contributo per secsolution magazine a cura di Giovanni Villarosa - Esperto di Sicurezza Fisica per Infrastrutture, CSO e DPO, Vice Presidente di SECURTEC
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