Il 'Caso Genchi' e il metodo Travaglio
In ogni libreria che si rispetti c’è una intera sezione dedicata ai titoli e agli istant book che raccontano sconvolgenti storie e spiegano i misfatti di questa traballante Repubblica che naviga tra il sud America e le dittature del Terzo mondo. Ma spesso, usando e abusando i paradigmi del cosiddetto “Metodo Travaglio”, assumono per "fatti" ciò che "fatti", non possono ragionevolmente essere considerati, a meno di non considerare "fatti" quel che potrebbero accusare più d'un malcapitato.
Milano - A volte è davvero molto difficile trovare il punto d’ingresso per smentire o puntualizzare una ricostruzione o una favola mediatica, impostata e argomentata come fosse un racconto noir. Non perché non si hanno argomenti ma solo perché tutto il racconto, la favola, gira intorno a una sorta di assurda interpretazione di cui solo uno psichiatra, ma uno bravo davvero, però, può trovarne il senso, il nesso e una più distinta e clinica motivazione.
Allora ogni tentativo di portare il chiarimento in termini razionali, semplici o meglio, reali, è un tentativo vano. Per un semplice motivo, il meccanismo che ti trovi di fronte è come quello di un gioco che si faceva da bambini. Un gioco simpatico fin quando resta un gioco ma quando, invece, diventa prassi mentale che governa giudizi o peggio articola e/o sviluppa racconti, questo gioco si trasforma in una roba demenziale, a tratti surreale e anche pericolosa per chi lo fa e per chi lo subisce. Il gioco delle assonanze. Quello per cui tu dici una parola e per assonanza o per associazione di idee se ne attacca un’altra, fino ad arrivare a costruire una storia, assurda se vuoi, in qualche modo però credibile e altrettanto plausibile. Ma assolutamente falsa. Perché le parole (in molti casi, i fatti) prese singolarmente hanno un senso. Ma è il contesto o il racconto che ne viene fuori che non ha senso e nemmeno alcuna ragione, se non quella di voler dimostrare un teorema o peggio un precostruito assioma.
Questo è il metodo che, applicato all’informazione o forse è meglio dire alla disinformazione, è stato chiamato da molti commentatori il “Metodo Travaglio”, oggi purtroppo diventato una formula letteraria di qualche successo. Un metodo che fa ricco chi scrive e mette nei casini quelli che in qualche modo si trovano a passare da lì. Scrive, sull’argomento, Giuseppe D’Avanzo, giornalista de La Repubblica: “I filosofi spiegano che la verità offre due differenti virtù: la sincerità e la precisione. La sincerità implica semplicemente che le persone dicano ciò che credono sia vero. Vale a dire, ciò che credono. La precisione implica cura, affidabilità, ricerca nello scovare la verità, nel credere a essa. Il "giornalismo dei fatti" ha un metodo condiviso per acquisire la verità possibile. Contesti, nessi rigorosi, fonti plurime e verificate e anche così, più che la verità, spesso, si riesce a capire soltanto dov'è la menzogna e, quando va bene, si può ripetere con Camus: "Non abbiamo mentito”. Si può allora dire che Travaglio è sincero con quel dice e insincero con chi lo ascolta. Dice quel che crede e bluffa sulla completezza dei "fatti" che dovrebbero sostenere le sue convinzioni. Non è giornalismo d'informazione, come si autocertifica. E', nella peggiore tradizione italiana, giornalismo d'opinione che mai si dichiara correttamente tale al lettore/ascoltatore.
Nella radicalità dei conflitti politici, questo tipo di scaltra informazione veste i panni dell'asettico, neutrale watchdog - di "cane da guardia" dei poteri ("Io racconto solo fatti") - per nascondere, senza mai svelarla al lettore, la sua partigianeria anche quando consapevolmente presenta come "fatti" ciò che "fatti", nella loro ambiguità, non possono ragionevolmente essere considerati (a meno di non considerare "fatti" quel che potrebbero accusare più di d'un malcapitato). L'operazione è ancora più insidiosa quando si eleva a routine”.
Il rischio che paventava D’Avanzo è diventato purtroppo realtà. Visto che ormai ogni libreria che si rispetti dedica una intera sezione, più di uno scaffale visto il proliferare di titoli e di istant book, a libri che, usando e abusando i paradigmi del “Metodo Travaglio”, raccontano, con dovizia di particolari, con parti estrapolate da documenti, con riferimenti selezionati chirurgicamente, brogliacci, trascrizioni o elaborati di traffici telefonici - il tutto naturalmente senza perdere tempo in verifiche e approfondimenti - di sconvolgenti storie che presumono spiegare fatti e misfatti di questa traballante Repubblica che naviga tra il sud America e le dittature del Terzo mondo.
Un metodo autoreferenziale che non informa, manipola, confonde. Che attribuisce patenti di moralità e di rispetto. Che elargisce a grandi palate frustrazione e rancore. Che fa pratica scandalistica e proficuamente commerciale trasformando tutto in qualunquismo che ferisce l’avversario, il politico, il nemico da abbattere o peggio il malcapitato. Mettendo alla berlina, calpestando qualsiasi forma di rispetto e di decenza personale e professionale. Avviando un assurdo ventilatore mediatico che spruzza fango e merda senza scontar peccato.
E’ di questo che si sta parlando, sfogliando l’ultimo di questi capolavori editoriali che sta facendo il giro delle redazioni - in realtà uniche vere destinatarie del libro, nella malcelata e ormai troppo agognata speranza che se ne parli e/o che ne venga in qualche modo ripreso il contenuto, in parte o in toto, per dare punti e blasone ai suoi autori, in predicato per entrare a far parte dei Travaglio Boys.
Sto parlando de “Il caso Genchi , Storia di un uomo in balia dello Stato” di Edoardo Montolli, che ospita tra l’altro la rilevante, necessaria e rassicurante prefazione a firma di Marco Travaglio che intende così certificare e battezzare l’opera come “capolavoro del giornalismo dei fatti”.
Un libro che nel richiamo in IV di copertina recita addirittura così ” … un materiale inedito e così scottante da poter riscrivere gli ultimi vent’anni della storia d’Italia…. Ma non con teorie o teoremi. Con dati. Fatti. Indagini e amicizie impensabili, uno scioccante dietro le quinte della politica che porta alle origini della seconda Repubblica. Dopo averlo letto niente vi sembrerà più come prima”.
E’ di questo libro quindi che stiamo parlando e di quanto, in un crescendo che lambisce e a volte supera la più delle assurde e inconcludenti storie o meglio la più demenziale ricostruzione che si sia mai potuta leggere, dimostri possa essere ricca la fantasia di uno “ scrittore di crimini”.
E’ di questo che sto parlando mentre non si riesce a capire quale reazione porre di fronte a quanto si legge per esempio nelle poche ma intense pagine – quelle che vanno da pag. 777 a pag. 784 , dedicate alla Report Porter Novelli e al suo presunto e assurdo ruolo che la lettura di fatti e tracciati telefonici gli fa interpretare nelle attività di un presunto quanto davvero improbabile comitato d’affari che aveva il compito di affossare e delegittimare l’inchiesta Why Not, il pm De Magistris e lo stesso super consulente Genchi per avere libero accesso ai finanziamenti che dall’Europa arrivavano in Calabria.
Un comitato così brevemente riassunto nel libro a pag. 782: “un mondo, quello di Giancarlo Elia Valori, che con il mondo dei tracciati telefonici di Report Porter Novelli, naturalmente, i contatti li ha: perché Palenzona conta svariati contatti con il signore delle strade, i leader della sinistra vicini a Consorte come Nicola Latorre e l’avvocato della Torno internazionale, Giancarlo Pittelli. […]. E’ L’Italia dei potenti che si è data appuntamento a Catanzaro, … dove l’unica cosa a piovere sono i soldi dell’Europa..” (sic!)
Report Porter Novelli, è una – come riporta il libro - tra le più importanti agenzie di Relazioni Pubbliche italiane. Che ha dal 1997 una sua sede in Roma in via Poli 29 . Un’agenzia, Report Porter Novelli, associata al 4° network mondiale di Relazioni Pubbliche.
Dunque Report Porter Novelli al centro di questo comitato d’affari.
Per dimostrarlo ecco in soccorso il “metodo Travaglio” con il quale si spiega innanzitutto che nella sede di Report Porter Novelli di Roma lavora Paolo Pollichieni che oltre ad essere uno dei consulenti di Report Porter Novelli è anche Direttore di Calabria Ora, che non solo sembrerebbe dai “tabulati Genchi” in insistente contatto telefonico con tre magistrati che lo aiuterebbero a sparare scoop sul suo giornale, passandogli informazioni riservate su alcune importanti indagini, ma è anche uno degli artefici della delegittimazione dell’inchiesta Why Not.
Sottolineando, inoltre, che allo stesso civico ha sede lo studio legale Taormina- Pittelli, di quel Giancarlo Pittelli, indagato in un'altra inchiesta dal pm De Magistris.
Ma perché Report Porter Novelli avrebbe dovuto favorire l’azione di Paolo Pollichieni a scrivere velenosi editoriali contro l’inchiesta Why Not un giorno si e un giorno no?
Semplice, perché intorno a Report Porter Novelli ruotano personaggi come Giancarlo Elia Valori, Fabrizio Palenzona, Giovanni Consorte, i Benetton, Nicola La Torre/Massimo D’Alema, Giancarlo Pittelli. Tutti secondo quanto si sostiene in qualche modo legati o in contatto con Report Porter Novelli. Tutti protesi a darsi appuntamento a Catanzaro per conquistare e razziare i soldi che arrivano in Calabria dall’Europa.
Ma cosa o come si lega Report Porter Novelli a Giancarlo Elia Valori, Fabrizio Palenzona, Giovanni Consorte, i Benetton, Nicola La Torre/Massimo D’Alema, Giancarlo Pittelli?
Ecco i fatti e le amicizie impensabili, secondo questa straordinaria ricostruzione.
Tutto ha inizio nel lontano 1985. Dal profilo di Natale Arcuri ospitato presso il sito www. mgportrait.it che pubblica ritratti di imprenditori e manager, tra le aziende che ha seguito come responsabile delle attività di relazioni con la stampa, prima del 1990, prima cioè che egli desse vita alla Report, viene segnalato, come primo “fatto” a sostegno di questo processo di costruzione del comitato, c’è la Compagnia di Assicurazioni Unipol.
Tralasciando il fatto che Natale Arcuri lo abbia fatto ancora prima che in Unipol arrivasse Giovanni Consorte. E non dice neanche che questa collaborazione con il gruppo Unipol come Report prima e come Report Porter Novelli, poi, si è mantenuta solida e costante anche negli anni, dopo l’arrivo di Giovanni Consorte alla guida della compagnia. Fino a quando, nel gennaio del 2006, Consorte ha lasciato il gruppo Unipol.
Se avesse quindi verificato meglio, Montolli a pag. 778 non avrebbe certo scritto:“E chissà se Natale Arcuri si aspettava che presto proprio Unipol, moltissimi anni più tardi, qualcuno di Unipol, sarebbe tornato a fargli visita:l’Intermedia, finanziaria di investimenti, che rileva quasi il 30% delle quote di Report Porter Novelli… (Intermedia) E’ la società di Giovanni Consorte, già amministratore delegato di Unipol… […]
Quindi, nessuna “visita inaspettata ” né tanto meno nessuna sorpresa quando nel gennaio del 2007 l’Intermedia acquisisce il 30% delle quote di Report Porter Novelli, visto che la collaborazione, professionale e personale, in qualità di agenzia per le relazioni con la stampa, con l’ing. Giovanni Consorte era di lunghissima data, e senza soluzione di continuità da quando era diventato Presidente e AD del Gruppo Unipol e soprattutto dopo che lo stesso ing.Consorte ha dato vita ad Intermedia, di cui Report Porter Novelli ha curato nella fase di start up della società l’accreditamento presso la stampa economica e finanziaria per tutto il 2007.
Ma lascia assai interdetto per non dire che risulta assai ridicolo il collegamento che nel libro si evince tra l’acquisizione del 30% di Report Porter Novelli da parte di Intermedia e l’iniziativa del ministro Mastella a contrasto dell’indagine Why Not.
Sempre a pag. 778 si legge:“Ed è interessante , come chiarisce una piccola visura camerale, il periodo in cui Consorte compra da Report Porter Novelli: l’11 gennaio 2007, cinque mesi prima che Mastella faccia saltare Why Not…” . Scrive proprio così!
Consorte acquisisce il 30% di Report Porter Novelli anche un anno prima del crollo della borsa di New York e del fallimento della Lehman Brothers. Che assioma possiamo trarre? Che Report Porter Novelli è al centro del default delle banche americane? Tutto è possibile!!!
Ma la storia si impenna velocemente. Infatti, diventata, con l’acquisizione del 30% da parte di Intermedia, paladina della “sinistra martoriata dalle scalate”, il secondo “fatto” che gonfia l’affair è l’incarico che Report Porter Novelli avrebbe gestito per la Regione Calabria. Questo dimostrerebbe che Report Porter Novelli aveva già messo le mani nella bengodi dei soldi della Calabria. Per sottolineare l’inghippo e l’intrigo e ribadire il “regalo” che gli amministratori regionali calabresi avrebbero fatto alla Report Porter Novelli, ecco un ritaglio di un articolo del 15 gennaio 2008 de Il Giornale in cui il giornalista riprendendo alcune polemiche condotte da un foglio locale, entra nel merito della gestione della campagna pubblicitaria realizzata da Oliviero Toscani per la Regione Calabria, sostenendo che si trattava proprio di un regalo fatto a Report Porter Novelli, “l’agenzia di… Consorte”. Ricostruzione a suo tempo ampiamente smentita con puntuali ed esaustive precisazioni. Ma le smentite nel Metodo Travaglio sono solo carta straccia. Se non servono proprio a condannare, biasimare, stroncare.
Sarebbe bastato consultare la documentazione “pubblica” che l’assessorato al Turismo della regione Calabria era ed è in grado di mettere a disposizione di chiunque per evidenziare che il ruolo di Report Porter Novelli è stato un ruolo trasparente, efficace, professionale.. Ma come diceva Voltaire:“Calunnia, calunnia che qualcosa resterà!”
Il terzo “fatto”? Un doppio salto mortale, carpiato, che intende sostenere che Report Porter Novelli per rinsaldare il suo legame con Oliviero Toscani – già protagonista con Report Porter Novelli del “sacco di Calabria” - assume l’incarico di consulente per le relazioni con i media a sostegno del comune di Salemi ed in particolare di Oliviero Toscani in qualità di assessore ai Diritti Umani, Comunicazione, Creatività e Ambiente.
A pag. 780 si legge: “ Poi, è subito sera. Dei tre miliardi di lire… spesi nientemeno che per stampare manifesti in tre città, nessuno parla più. Un anno dopo però la Report Porter Novelli annuncia che si occuperà della comunicazione del comune di Salemi guidato da Vittorio Sgarbi, il comune che ha un assessorato addirittura ai “sogni”, lo psichiatra Paolo Crepet…. […]. Perché c’è pure un assessore alla creatività ma con delega ai “diritti umani”. Ed è praticamente un assessore che, creando, passa le sue giornate a pensare cosa fare a Salemi per i diritti umani. A Salemi mica a Kabul”.
Anche qui bastava consultare i documenti pubblici del Comune di Salemi per annotare che si trattava di un incarico pro-bono, nel senso che Report Porter Novelli non ha percepito alcun compenso così come tutti gli assessori straordinari della giunta Sgarbi. Chiamati a dare il loro personale e professionale contributo al progetto di Vittorio Sgarbi.
Ma cosa c’è sotto questi filo che lega Toscani a Report Porter Novelli? A pag. 781 si legge: “mentre la creatività progressista (quella di Toscani ndr.) s’insedia pure in Sicilia e la Report Porter Novelli comunica, l’imbuto che sulla strada che parte da sinistra e, a “scalate”, scende giù, verso il centro di Catanzaro, va stringendosi sempre più”. Ecco i barbari di sinistra in Calabria!
Che con l’arrivo poi in Report Porter Novelli di un ex dirigente di Unipol, - uno dei massimi esperti italiani in CSR - l’apertura di una nuova struttura di servizio di comunicazione per le aziende cinesi – voluta e sostenuta da Porter Novelli China - e la notizia che il presidente di AdR, Aeroporti di Roma, Fabrizio Palenzona affida a Report Porter Novelli la gestione delle attività di ufficio stampa e relazioni pubbliche, fa dire che “..Sembra di vedere tutto il mondo di Giancarlo Elia Valori: gli incarichi di Report Porter Novelli per Autostrade e Aiscat, la collaborazione con la Cina, la folgorante società con Consorte amico del suo migliore amico, D’Alema, fino alla comunicazione di Oliviero Toscani, il fotografo che ha fatto la fortuna dei Benetton, salpati con Sme grazie al signore delle strade (… Giancarlo Elia Valori, ndr.) e poi confluiti in Blu.”
Concludendo: Siamo davanti ad un disegno di potentato economico che ruotando intorno a Report Porter Novelli, coinvolgendo personaggi come Giancarlo Elia Valori, Fabrizio Palenzona,(… amico di Elia Valori), Giovanni Consorte (… azionista di Report Porter Novelli), i Benetton (… legati a doppio filo a Oliviero Toscani), La Torre/D’Alema, (… amici di Consorte) e Giancarlo Pittelli (… vicino di casa!!!) si è dato appuntamento a Catanzaro per conquistare e razziare i soldi che arrivano in Calabria dall’Europa.
E per fare questo si deve assolutamente mettere un freno anzi bloccare l’inchiesta Why Not del pm De Magistris che ha messo sotto “osservazione” il Governo Prodi e tutti i suoi amici. E per farlo si dà mandato a Paolo Pollichieni, direttore di Calabria Ora e consulente di Report Porter Novelli di “attaccare un giorno sì e uno no Why Not”. Il quale opera dal cuore di questo meccanismo. Il palazzo di via Poli, 29 dove c’è la sede di Roma della Report Porter Novelli.
Il cerchio è chiuso! Il Comitato d’affari è fatto e smascherato! Ma la domanda giunge spontanea: di quali soldi, quali incarichi, quali finanziamenti, quali commesse, quali interessi, quali investimenti, quali mance, quale regali o doni… si sta parlando? Dove sono? Dove è il “grano” che ha mosso questi illustri personaggi? Non siamo più di fronte a calunnie o a diffamazioni. Siamo in pieno e assoluto delirio!!!!
Nota bene: E’ importante segnalare che Report Porter Novelli non ha mai avuto contatti o relazioni, dirette o indirette, con il Cav. Giancarlo Elia Valori, con l’on. Nicola Latorre, con l’on. Giancarlo Pittelli, con la famiglia Benetton.
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