SALUTE e MEDICINA
Comunicato Stampa

Vitamina E per proteggere il fegato

L’integrazione con vitamina E sembra ridurre la progressione della steatosi epatica non alcolica e della degenerazione maculare legata all'età (Dermatol Ther. 2021;34(6):e15160).

FotoI risultati di un lavoro presentato all'Easl 2015 di Vienna mostrano che la vitamina E è un trattamento efficace per la steatoepatite non alcolica. Un problema che si manifesta quando il fegato è infiammato a causa dell'accumulo di grasso. Nel tempo, questa infiammazione può portare alla formazione di tessuto cicatriziale nell'organo, aprendo anche la strada alla cirrosi.

Un recente studio, inoltre, ha provato che la vitamina E potrebbe alleviare i sintomi delle malattie del fegato causate dall’obesità.


La vitamina E, grazie alle sue proprietà antiossidanti, può offrire una certa protezione da varie malattie tra cui quelle cardiache, il cancro e le malattie neurologiche come l’Alzheimer e la SLA. Inoltre, recentemente è stato ipotizzato attraverso uno studio svolto dai ricercatori della Case Western Reserve University della Cleveland Clinic Foundation e della Cornell University che la vitamina E, nutriente essenziale, possa alleviare i sintomi delle malattie del fegato causate dall’obesità.

Gli stessi ricercatori hanno ammesso di essere arrivati a queste conclusioni in maniera fortuita, mentre studiavano l’effetto della carenza di vitamina E sul sistema nervoso centrale. Con grande stupore, mentre svolgevano l’esperimento si sono accorti che le cavie utilizzate erano in fase avanzata di steatoepatite non alcolica, conosciuta come NASH, patologia causata da un grave danno epatico e che può evolvere in cancro.

“L’integrazione di vita­mina E — precisa Danny Manor, professore associato della Scuola di Medicina alla Case Western Reserve Uni­ver­sity — ha evitato la maggior parte dei sintomi legati alla NASH in questi animali, a conferma della relazione tra carenza di vitamina E e malattie del fegato. Questi risultati possono avere un impatto significativo sulla salute pubblica, poiché la stragrande maggioranza degli adulti negli Stati Uniti non consuma la quantità di vitamina E raccomandata.”

La steatosi epatica esordisce come una condizione generalmente benigna e asintomatica, nota con l'espressione comune di "fegato grasso" perché all'interno degli epatociti tendono a concentrarsi molecole di lipidi (in particolare, di trigliceridi). Viene anche indicata con la sigla NAFLD, dall'inglese Non Alcoholic Fatty Liver Disease, steatosi epatica non alcolica, per distinguerla dalla steatosi provocata dall'abuso di alcol. L'incidenza della steatosi epatica è in aumento, anche a causa della diffusione di patologie strettamente connesse, come obesità, diabete e dislipidemie (valori elevati di trigliceridi nel sangue costituiscono un significativo fattore di rischio per questa malattia).

Un supporto tra i più validi in ambito non farmacologico contro la steatosi epatica e persino la steatoepatite è offerto dalla vitamina E, la cui utilità viene riconosciuta anche dalla medicina convenzionale. La vitamina E ostacola lo stress ossidativo, che è tra i principali responsabili dell'aggravamento del fegato grasso.

Da una metanalisi sui benefici della vitamina E nella steatosi epatica non alcolica emerge che l'assunzione di questo micronutriente contrasta l'infiammazione, diminuisce la gravità del danno al fegato, rallenta la progressione della malattia e aumenta le probabilità di guarigione (https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/26059365/).

I dati esaminati da questo lavoro attestano inoltre che la somministrazione di vitamina E comporta l'abbassamento di parametri indicativi di sofferenza epatica, quali AST (aspartato transaminasi), ALT (alanina aminotransferasi) e ALP (fosfatasi alcalina).

Ancora più circostanziati e significativi appaiono i risultati di un'altra ricerca condotta su bambini con fegato grasso, in base ai quali nell'indurre la remissione della steatosi epatica la vitamina E si è rivelata più efficace della metformina, farmaco antidiabetico utilizzato anche nella terapia di questa epatopatia.

Intervenire nella propria dieta, integrando alimenti ricchi di vitamina E come ad esempio le noci, le verdure a foglia verde, l’olio d’oliva e i cereali integrali può dare quindi dei benefici, in particolar modo ai soggetti a rischio di patologie epatiche.

Ecco alcuni comportamenti utili per il fegato grasso:
• Diminuire drasticamente gli alcolici, eliminare i superalcolici. Limitatevi a un bicchiere di vino o una birra piccola una/due volte la settimana durante il pasto;
• Evitare gli zuccheri semplici: no allo zucchero bianco, alle bevande zuccherate, alle caramelle, cioccolatini, biscotti sgranocchiati ad ogni ora del giorno. Ma anche no alle patatine, pizzette, focacce e snack salati vari;
• Sostituire i cereali (pane pasta riso) raffinati con la loro versione integrale;
• Bere molta acqua;
• Sostituire i grassi animali (burro, lardo, strutto) con i corrispettivi vegetali in modiche quantità (burro di cacao, olio extravergine d'oliva o di semi di lino o di zucca), non più di 2-3 cucchiai al giorno;
• Diminuire drasticamente i formaggi grassi, sostituire con ricotta, formaggi di capra, o prodotti a base di soia;
• Ogni giorno, mangiare tre porzioni di verdura e due di frutta, fresche e di stagione
• Preferire le carni bianche e il pesce, da alternare ai legumi.

Anche la fitoterapia può essere di aiuto,in caso di problematiche epatiche. In particolare vanno segnalati i principi attivi delle seguenti piante officinali:

• Aloe vera: conosciuta da millenni per le sue proprietà terapeutiche, è indicata per disintossicare l'organismo sia dalle tossine esogene (sostanze tossiche che provengono dall'ambiente esterno o dall'alimentazione) e da quelle prodotte internamente, come gli scarti metabolici, sostenendo la funzione depurativa del fegato, dei reni, del sistema linfatico. Inoltre esercita un'azione antinfiammatoria e cicatrizzante sui tessuti, e riequilibrante del ph e della flora batterica gastrointestinale, migliorando la digestione e l'assimilazione dei nutrienti del cibo.

• Tarassaco: La radice del tarassaco possiede proprietà depurative, in quanto stimola la funzionalità biliare, epatica e renale, cioè attiva gli organi emuntori (fegato reni pelle) adibiti alla trasformazione delle tossine, nella forma più adatta alla loro eliminazione (feci, urina, sudore). I principali componenti del suo fitocomplesso sono alcoli triterpenici (tarasserolo); steroli; vitamine (A,B,C,D); inulina, principi amari (tarassacina), sali minerali che conferiscono alla pianta proprietà amaro-toniche e digestive. Queste sostanze possiedono anche proprietà purificanti, antinfiammatorie, disintossicanti nei confronti del fegato: favoriscono l’eliminazione delle scorie (zuccheri, trigliceridi, colesterolo e acidi urici) rendendo il tarassaco una pianta epatoprotettiva, indicata in caso di insufficienza epatica, itterizia e calcoli biliari

• Curcuma: la radice della pianta svolge un'azione coleretica, antinfiammatoria, ed epatoprotettiva conferite alla pianta dalla presenza di curcuminoidi e olio essenziale. Questi principi attivi stimolano la secrezione biliare, favorendo la sintesi dei grassi.

• Boldo: le foglie della pianta sono utilizzate per fluidificare la bile, di cui diminuisce la viscosità. Responsabili delle sue proprietà sono gli alcaloidi isochinolici, tra i quali la più importante è la boldina. Il meccanismo d'azione di questo principio attivo consiste in un'attività antiossidante e protettiva delle cellule epatiche; mentre a livello cardiovascolare ha mostrato capacità d'inibizione dell'aggregazione piastrinica e vasodilatazione. In fitoterapia il boldo è un rimedio elettivo per il trattamento delle turbe dispeptiche di origine epatobiliare, per i disturbi epatici e come coadiuvante nel trattamento della stitichezza.

• Carciofo: i suoi costituenti principali sono gli acidi caffeolichinici, flavonoidi e lattoni sesquiterpenici che conferiscono il tipico sapore amaro. Le foglie sono adoperate da sempre per la capacità di favorire la produzione di bile, di cui migliora la composizione e proteggere il fegato, favorendo così la funzionalità gastrica ed epatica.

• Cardo mariano: è utilizzato come rigeneratore delle cellule epatiche, stimolante dell'attività gastrica e come diuretico. Nella medicina popolare è da sempre utilizzato come tonico e protettore epatico, grazie alla presenza della silimarina, che ha dimostrato di possedere proprietà antiossidante, utile per prevenire l'ossidazione dei lipidi e la distruzione delle membrane cellulari. Questo principio attivo rende la pianta efficace nel trattamento del danno tossico al fegato; nella terapia di supporto in infiammazioni croniche; nella cirrosi epatica; e in tutte le disfunzioni del fegato dovute a tossine chimiche, incluso l'alcol. I frutti della pianta sono utilizzati per migliorare la funzione epatica e accelerare la rigenerazione delle cellule danneggiate dalle intossicazioni e altre malattie croniche del fegato dovute all'abuso di droghe e farmaci.

• Bardana: in fitoterapia è usata per la sua attività depurativa, (stimola la funzionalità biliare ed epatica) ipoglicemizzante ipocolesterolemizzante, lassativa e antireumatica. La radice di questa pianta contiene lignani, vitamine del complesso B, amminoacidi, oligoelementi, sostanze amare, tannini e resine; ma soprattutto è costituita da inulina, che svolge un’azione drenante e purificante del sangue, che favorisce l’eliminazione delle tossine, cioè i “rifiuti” delle diverse reazioni metaboliche dell’organismo.



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