Turismo tra i settori più a rischio, il tasso di default resta superiore al 4%
• Il tasso di default delle società di capitali del settore turistico si attesta al 4,1% a fine 2023, anche se stabile rispetto al 2022. Si stima una crescita invece per la fine del 2024 (+1,2/1,3 punti percentuali). • Nel primo trimestre del 2024 gli importi dei finanziamenti erogati alle società di capitali del settore sono in lieve diminuzione rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente (-1,4%). • Rispetto al dato medio italiano sui pagamenti commerciali, le imprese del comparto registrano meno pagatori puntuali (20%) e un maggior numero di pagatori con grave ritardo (17,4%).
Con l'arrivo di agosto, la stagione estiva entra nel vivo per le imprese del turismo, settore molto importante per l’economia italiana e che comprende ristorazione, bar, strutture alberghiere e agenzie di viaggio.
A partire dalla fine del 2022 il tasso di default del settore si è mantenuto stabile intorno al 4%, evidenziando una rischiosità del comparto superiore rispetto alla media delle società di capitali italiane. Inoltre, gli importi dei finanziamenti erogati alle imprese del settore sono in lieve contrazione, mentre sul fronte dei pagamenti commerciali sale il numero delle imprese che pagano con grave ritardo.
Queste alcune delle principali evidenze emerse da uno studio condotto da CRIF che, grazie al proprio ecosistema di dati aggregati, fotografa le caratteristiche del settore turistico italiano, analizzando in particolare l’andamento del credito in termini di erogazioni e rischiosità e le performance delle imprese dal punto di vista dei pagamenti commerciali.
“Le imprese del settore del turismo hanno visto negli ultimi anni un’importante crescita del fatturato, beneficiando dell’aumento dei flussi turistici sia nazionali che esteri. Nonostante tale fenomeno positivo, a livello di rischiosità creditizia il settore si colloca su livelli superiori alla media, scontando un contesto di mercato fortemente competitivo e uno scenario macroeconomico incerto e complesso sia a livello nazionale che globale. Quest’ultimo continuerà a influenzare la rischiosità del settore anche nel 2024, con tassi di default attesi in crescita per fine anno”, commenta Luca D’Amico, CEO di CRIF Ratings.
La rischiosità creditizia
A fine 2023 il turismo ha registrato un tasso di default del 4,1% per le società di capitali, stabile rispetto al periodo precedente, anche se tra i più alti, confermandosi uno dei settori più rischiosi (il tasso medio per le società di capitali italiane è il 2,6%). Per la fine del 2024, il tasso di default è stimato da CRIF Ratings in ulteriore crescita, con un incremento di circa 1,2/1,3 punti percentuali rispetto al 2023, a riprova del persistere di elementi di fragilità. Le prospettive tengono conto di un contesto di instabilità a livello globale, su cui continuano a pesare i conflitti in Ucraina e nel Medio Oriente, tassi di interesse ancora su livelli elevati sebbene in leggera diminuzione, nonché le incertezze in termini di traiettoria politica ed economica in Cina e le elezioni USA.
L’analisi per micro-settori evidenzia un trend eterogeneo, con la ristorazione/bar che registra la maggiore rischiosità di credito, con un tasso di default di circa il 5%.
L’andamento del credito erogato
Le analisi effettuate da CRIF, sulla base del patrimonio informativo del Sistema di Informazioni Creditizie EURISC, mostrano come nel primo trimestre del 2024 gli importi dei finanziamenti erogati alle società di capitali del settore del Turismo siano in lieve diminuzione (-1,4%) rispetto al pari periodo dell’anno precedente, anche se il calo è minore rispetto a quanto registrato dalla totalità delle Società di capitali italiane (-3,6%). Sulle dinamiche delle erogazioni verso il settore agisce il permanere di tassi di interesse su livelli elevati, i cui primi segnali di riduzione si sono osservati solo a giugno 2024 (-25 punti base da parte della BCE).
Le performance dei pagamenti commerciali
I dati dello Studio Pagamenti 2024 di CRIBIS – società del gruppo CRIF specializzata nelle business information – rivelano il comportamento finanziario del settore turistico italiano nei confronti dei pagamenti dei propri fornitori. In particolare, il settore turistico soffre maggiormente rispetto alla media delle imprese italiane.
Infatti, a giugno 2024 i pagatori puntuali in Italia rappresentano il 39,9% del totale, mentre i pagamenti con oltre 30 giorni di ritardo raggiungono il 9,5%. Rispetto al dato medio italiano, il Turismo registra meno pagatori puntuali (20%) e un maggior numero di pagatori con grave ritardo (17,4%). Va tenuto presente come il settore sia caratterizzato da tematiche di stagionalità che impattano sulle performance.
All’interno del comparto turistico, maggiori criticità sono evidenziate da Ristoranti e Bar che presentano pagamenti puntuali solo nel 17,7% dei casi (contro circa il 28,7% rilevato su Agenzie di viaggio e Alberghi) e ritardi superiori ai 30 giorni nel 19,4% dei casi (percentuale più che doppia rispetto a quella osservata su Agenzie di viaggio e Alberghi).
Le imprese del turismo in Italia: andamento dei pagamenti commerciali (giugno 2024)
Nonostante il 2024 mostri un settore più solido in termini di performance di pagamento rispetto al periodo pandemico, va sottolineato come a partire dal 2022 si noti un trend di graduale e progressivo peggioramento in termini di regolarità dei pagamenti del settore Turismo, più marcato rispetto all’evidenze medie nazionali.
Lo scenario delle imprese italiane del turismo
Il settore del turismo conta in Italia oltre 400mila imprese, suddivise tra agenzie di viaggio (circa 12.300 aziende), ristoranti e bar (circa 321.400 aziende) e alberghi (66.600 aziende). Il 97% si distribuisce tra ristorazione e ospitalità. Per il 41% si tratta di Ditte Individuali, seguite da Società di capitali (33%) e di persone (25%).
Poco più di un terzo delle imprese turistiche si concentra nel Mezzogiorno e nelle Isole, a conferma della grande importanza di questi territori per trainare il settore. La regione con la più alta presenza è la Lombardia (13,5%), seguita da Lazio (11%) e Campania (10,3%).
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