Obesità e ipertensione: ruolo dell’aldosterone
Numerosi studi di letteratura evidenziano l’esistenza di un legame fra obesità e ipertensione. Lo studio proposto all’attenzione della sezione "Nutrizione" della rivista LSWN dal Professor Gian Paolo Rossi e della dott.ssa Gisella Pitter del Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale dell’Università degli Studi di Padova, ha lo scopo di mettere in risalto il ruolo dell’aldosterone, l’ormone che favorisce la ritenzione di sodio e l’innalzamento della pressione arteriosa.
Nello studio citato in premessa si evidenzia l’esistenza di una relazione diretta fra i livelli in circolo di aldosterone e la quantità di grasso viscerale: nelle persone ipertese, in soprappeso o obese i livelli di aldosterone sono tanto più elevati quanto maggiore è il grasso viscerale. Fra le principali cause di ipertensione e obesità sono sicuramente da annoverare il costante invecchiamento della popolazione per un’aspettativa di vita sempre maggiore e uno stile di vita sedentario e poco salutare.
Circa un miliardo di persone in tutto il mondo soffre di ipertensione: il problema affligge soprattutto il mondo occidentale, ma interessa anche i paesi dell’ex blocco sovietico e persino i paesi in via di sviluppo. Uno studio di prevalenza effettuato nel 2003 ha evidenziato come nella fascia di età 35-74 anni la percentuale di ipertensione si attesti intorno al 28% in USA e Canada e al 44% in Europa; in Italia tale percentuale si "ferma" al 38%.
La prevalenza di ipertensione aumenta all’aumentare dell’età: il 50% delle persone con età compresa fra i 60 e i 69 anni è iperteso e lo è il 75% degli ultrasettantenni. Soprappeso e obesità, poi, sono problematiche di portata mondiale: secondo l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) il 37% degli uomini e il 42% delle donne negli Stati Uniti è obeso. La prevalenza nei paesi europei è inferiore, in Italia, per esempio, l’obesità affligge il 13% della popolazione, ma comunque la problematica si sta diffondendo a macchia d’olio in tutto il mondo persino nei paesi in via di sviluppo dell’Asia e dell’America latina.
Sempre più spesso per descrivere tutte le problematiche di salute che affliggono i soggetti obesi e ipertesi si parla di sindrome metabolica: questi pazienti, infatti, non hanno solo pressione elevata e kg di troppo, ma soffrono di diabete, iperlipidemie, hanno un giro vita eccessivo tutti fattori che determinano un marcato aumento del rischio cardiovascolare.
IPERTENSIONE E OBESITA': UN'INTIMA CONNESSIONE
Fra ipertensione e obesità è possibile rintracciare collegamenti ben precisi: il tessuto adiposo non funge solo da deposito energetico delle calorie in eccesso, ma si comporta come un vero e proprio organo endocrino con funzione secretiva. La leptina, per esempio, è un ormone proteico della classe delle adipochine, ed è secreta dal tessuto adiposo in quantità proporzionali alla massa grassa: è in grado di inibire il senso di fame e favorire il dispendio energetico. È stato dimostrato che tale molecola riesce ad attivare il sistema nervoso simpatico causando un incremento dei valori pressori.
Il tessuto adiposo secerne anche due citochine proinfiammatorie l’IL-6 e il TNFα: queste due molecole stimolano la produzione di endotelina1 (ET-1) un potente vasocostrittore e di angiotensinogeno, il precursore dell’angiotensina II (Ang II) ugualmente un peptide vasocostrittore con un ruolo chiave nell’innalzamento della pressione arteriosa e nell’induzione della produzione di aldosterone. Le persone obese sviluppano spesso insulino-resistenza ovvero l’insulina in circolo non riesce ad assicurare la giusta captazione del glucosio, per questo l’organismo reagisce producendo insulina in quantità eccessiva.
L’insulina, però, stimola il riassorbimento del sodio a livello del tubulo renale prossimale e favorisce la secrezione di endotelina-1, mentre inibisce la secrezione di ossido nitrico, un potente vasodilatatore; l’insulina dunque si comporta come un vero e proprio fattore "ipertensivante". I pazienti obesi, poi, tendono a soffrire delle sindromi da apnee ostruttive a causa degli accumuli adiposi nei tessuti molli della faringe: le ipossie notturne e a volte diurne, determinano attivazione simpatica con aumento della pressione e rischio di aritmie, infarto e ictus.
IL RUOLO DELL’ALDOSTERONE
Le correlazioni possibili fra ipertensione e obesità, però, non si fermano qui perché un ulteriore legame fra le due condizioni patologiche è costituito dall’aldosterone. L’aldosterone è prodotto dalle ghiandole surrenali e stimola il rene a trattenere acqua e sodio dalle urine, è in grado quindi attraverso questo meccanismo di incrementare il contenuto dei liquidi nei vasi ed è per questo ritenuto un ormone chiave nella regolazione della pressione arteriosa.
Studi recenti condotti su soggetti normotesi, con dieta ipersodica sono riusciti ad individuare una correlazione fra IMC (Indice di Massa Corporea), la quantità plasmatica di aldosterone e la sua escrezione urinaria. La secrezione di aldosterone, non a caso, è fortemente incentivata da elevati livelli di Ang-II e ET-1 e tali molecole sono tanto più rappresentate quanto più abbondante è il tessuto adiposo. Tale evidenza è rafforzata anche da esperimenti in vitro che hanno provato come gli adipociti siano capaci di stimolare la produzione di aldosterone direttamente dalle cellule corticosurrenaliche.
Si è propensi a credere che esista un vero e proprio circuito bidirezionale: l’aldosterone favorirebbe, per attivazione dei recettori mineralcorticoidi, la differenziazione dei preadipociti in adipociti; gli adipociti a loro volta, sempre più numerosi, stimolerebbero una sintesi sempre maggiore di aldosterone
Un gruppo di studio della società Italiana dell’Ipertensione arteriosa ha deciso di chiarire ulteriormente quanto fin qui descritto seguendo 1125 pazienti ipertesi e obesi. Si è visto che maggiore è l’IMC più elevati sono i livelli ematici di aldosterone indipendentemente da altre variabili che ne influenzano la secrezione come l’età, il sesso, l’introito di sodio con la dieta, l’ipertensione. Negli ipertesi magri e negli ipertesi affetti da iperaldosteronismo primario, una condizione patologica caratterizzata come dice il nome stesso, dalla presenza di adenomi surrenalici secernenti in grado di innalzare i livelli in circolo di aldosterone indipendentemente da tutti i fattori che generalmente regolano i livelli di quest’ormone, la precedente correlazione non è rintracciabile.
I risultati disponibili rafforzano l’evidenza di un meccanismo bidirezionale: gli adipociti fra tutte le molecole secrete rilasciano anche l’adipochina complement-C1q TNF related protein 1 (CTRP1) con struttura molto simile a quella dell’adiponectina. I livelli plasmatici di CTRP1 sembrano essere più elevati nei soggetti ipertesi: tale proteina, in vitro, si è mostrata capace di stimolare la produzione di aldosterone dalle cellule H295R, una linea di carcinoma corticosurrenalico umano considerata uno dei modelli più attendibili per lo studio della regolazione della produzione ormonale del corticosurrene umano in laboratorio.
Gli acidi grassi liberi, infine, quando vengono rilasciati in circolo dal tessuto adiposo si ossidano e stimolano anche loro la secrezione di aldosterone. Le relazioni fra tessuto adiposo viscerale, alterazioni endocrine e patogenesi dell’ipertensione arteriosa sono numerose e complesse: indagarle e conoscerle approfonditamente significa poter disporre di nuovi strumenti diagnostici e terapeutici.
Dal punto di vista clinico i risultati fin qui disponibili suggeriscono l’importanza di disporre e poter utilizzare farmaci in grado di controllare l’attività dell’aldosterone nell’ipertensione dei pazienti in soprappeso o francamente obesi.
In conclusione, dalla letteratura emerge una stretta relazione causale tra iperaldosteronismo e sindrome metabolica sebbene l’effettivo meccanismo con cui i pazienti affetti da iperaldosteronismo sviluppino alterazioni metaboliche, in primis un’alterata tolleranza al glucosio, non sia ancora completamente chiarito (8).
È stato dimostrato che l’aldosterone determina insulino-resistenza, mediante un riduzione dell’espressione e dell’affinità del recettore insulinico, e altera la secrezione insulinica sia direttamente che indirettamente a causa dell’ipopotassiemia talvolta associata all’iperaldosteronismo. Quest’ormone, così come avviene a livello cardiaco, potrebbe inoltre aumentare la sintesi di collagene e la fibrosi in organi come il pancreas, il fegato, nel tessuto adiposo e muscolare causando alterazione del rilascio insulinico o insulino-resistenza.
L’aldosterone è anche coinvolto nella regolazione dei livelli plasmatici di glucosio mediante l’incremento dell’espressione genica di enzimi coinvolti nella gluconeogenesi e la riduzione dell’attività e dell’espressione dei cotrasportatori del sodio e del glucosio.
È stato inoltre dimostrato un ruolo dell’aldosterone nella differenziazione del tessuto adiposo in vitro. I pazienti affetti da iperaldosteronismo sono soggetti ad una serie di complicanze renali, cardio e cerebrovascolari determinate dall’azione diretta dell’aldosterone sugli organi bersaglio, indipendentemente dall’aumento dei valori pressori. La maggior prevalenza in questi soggetti di sindrome metabolica, in grado di per sé di determinare un incremento del rischio (9,10), potrebbe contribuire ulteriormente ad aumentare la morbilità e mortalità cardiovascolare dei pazienti con iperaldosteronismo primitivo.
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