Nuova grammatica per il welfare aziendale? Per il 60% dei lavoratori determina la felicità
Annunciati i primi dati della quinta edizione della ricerca dell’Associazione Ricerca FelicitàDonne, GenZ e lavoratori autonomi sono i più felici del proprio lavoro in un’Italia che in generale è lievemente meno felice rispetto al 2024 (con una media di 3.09 punti su 5 rispetto al 3.24 dell’anno scorso). La Great Resignation rallenta, pur molto lentamente. Il 48% degli intervistati cambierebbe il proprio posto di lavoro per lo stipendio, oltre 25 punti percentuali in più rispetto alla flessibilità (22%) e all’opportunità di crescita (21%). Si riconosce il valore del welfare: alla domanda “Secondo te, quanto il welfare aziendale determina la felicità dei/delle collaboratori/collaboratrici in azienda?” il 60% ne è convinto molto o moltissimo. Up Day: serve una grammatica su cos’è il welfare aziendale e cosa non lo è, perché emerge un disincanto dovuto anche alle eccessive aspettative di un welfare aziendale che non può competere o sostituirsi al welfare pubblico. Secondo i dati, solo il 13% degli intervistati ritiene che nella propria azienda o organizzazione vengano promossi programmi di supporto alla genitorialità e il 10% a programmi di supporto al caregiving.
Il concetto di welfare aziendale sta cambiando. Lo fotografa la nuova indagine dell’Osservatorio BenEssere Felicità, realizzata con la partnership tecnica di Up Day, dove emerge come il 60% dei lavoratori riconosce il welfare aziendale come utile alla felicità al lavoro e il 45% lo vede come un elemento di benessere in azienda, ma non un plus per cambiare.
In un’Italia meno felice del 2024 (con una media di 3.09 punti su 5 rispetto al 3.24 dell’anno scorso), la ricerca dell’Osservatorio BenEssere Felicità rileva che alla domanda “Quanto ti senti felice del tuo lavoro?” le donne superano gli uomini (3.28 vs 3.23), la Generazione Z è capofila con un valore medio di 3.34 e seguono a ruota Baby Boomers (3.31), Millennials (3.27) e Generazione X (3.21).
“Quest’anno abbiamo visto che rallenta lievemente la Great Resignation: alla domanda se “ti piacerebbe avere la possibilità di cambiare posto di lavoro o lavoro nei prossimi 12 mesi?” il 59.9% dice di no (nel 2024 era il 55%). Rimane costante il 24% di chi vorrebbe cambiare azienda o posto di lavoro, ma scende la percentuale di chi vorrebbe cambiare lavoro o mestiere al 17% (l’anno scorso era il 21%)” afferma Elisabetta Dallavalle, Presidente dell'Associazione Ricerca Felicità “Tra gli aspetti considerati più importanti nello scegliere un nuovo posto di lavoro rimane alla prima posizione “avere uno stipendio maggiore”, che rispetto al 42% dell’anno scorso sale al 48%, oltre 25 punti percentuali sopra flessibilità (22%) e opportunità di crescita (21%). Scende “l’avere un welfare dell'azienda o del settore migliore” dal 17% del 2024 al 13% e anche quest’anno lavorare in un ambiente/azienda con un marchio noto risulta essere l’ultima scelta per i lavoratori e le lavoratrici italiane.”
Tra dipendenti e autonomi sono più felici del proprio lavoro questi ultimi (3.40 vs 3.22) e i laureati lo sono più di chi non ha avuto un percorso formativo universitario (3.33 vs 3.21). Alla domanda “Secondo te, quanto il welfare aziendale determina la felicità dei/delle collaboratori/collaboratrici in azienda?” emerge che uomini e donne sono pressoché allineati con rispettivamente una media di 3.59 e 3.58, tra le generazioni i più positivi sono i Millennials con 3.66, seguono Baby Boomers (3.61) Generazione Z (3.57) e Generazione X (3.53). Il Sud e le Isole, con 3.71, guidano geograficamente questa consapevolezza, seguono Nord Ovest (3.56), Nord Est (3.52) e chiude Centro con 3.50.
"Questi dati ci spingono a riflettere su una nuova grammatica del welfare. Questo perché emerge un disincanto forse dovuto anche alle eccessive aspettative in un welfare erogato dalle aziende, che non può competere o sostituirsi al welfare pubblico: basti pensare che quest’ultimo nel 2022 era di poco inferiore a 650 miliardi, a fronte dei 3 miliardi di quello privato. Paradossalmente, le risposte che vedono più determinante il welfare aziendale nella felicità dei lavoratori sono distribuite nei territori con un minor grado di diffusione degli stessi strumenti di welfare. Crediamo che questo sia dovuto al fatto che, chi l’ha ottenuto, ha compreso quanto il vero welfare non sia solo buoni pasto o buoni carburante, ma è qualcosa che promuove l’accompagnamento ai bisogni dei cicli di vita, la promozione dell’unicità delle persone, dello smart working, dei programmi di supporto alla genitorialità o del caregiving” afferma Mariacristina Bertolini - Vice Presidente, DG Up Day e Direttrice zona Euromed di UP. “Non può più essere solo un pacchetto di benefit, ma deve evolversi verso un modello che metta al centro ciclo di vita, bisogni reali, relazioni, flessibilità e supporto alla vita personale. La ricerca dimostra che il 45% degli italiani ritiene che i servizi di welfare fanno parte del benessere in azienda e solo il 34% li vede come un benefit in più per scegliere dove andare a lavorare. Per il 18% degli intervistati la propria azienda non eroga nulla, ma quello che ci ha fatto riflettere è che solo il 13% ritiene che nella propria azienda o organizzazione vengano promossi programmi di supporto alla genitorialità e solo il 10% programmi di supporto al caregiving. Quello che servirebbe al nostro Paese”.
La raccolta dei dati è stata affidata all'Istituto di ricerca SWG S.p.A. e si è svolta nel periodo compreso tra il 3 e l’8 marzo 2025 con rilevazione CAWI (Computer Assisted Web Interviewing) mediante l’utilizzo di diversi device quali PC, Tablet e smartphone a seconda delle preferenze dell’intervistato.
Il numero di interviste raccolte è stato pari a 1.000 e il campione è stato distribuito tenendo in considerazione variabili territoriali (Zona Nord-Ovest, Nord-Est, Centro, Sud e Isole), dimensione del centro abitato, genere, generazione culturale (Generazione Z, Millennials, Generazione X e Baby Boomer) e sono state monitorate anche le variabili sulla tipologia di rapporto di lavoro (dipendente/autonomo), fasce reddituali e titolo di studio (laureati/non laureati).
Associazione Ricerca Felicità: nasce dall’incontro tra Sandro Formica, Elga Corricelli ed Elisabetta Dallavalle e mira a voler comprendere lo stato attuale di felicità e benessere nel nostro Paese attraverso un’indagine annuale. L’Osservatorio BenEssere Felicità è uno strumento nato con l’obiettivo di misurare la felicità tra la popolazione professionalmente attiva, alla sua quinta edizione oltre a riconfermare alcuni argomenti passati utili a creare trend e a permettere un’analisi longitudinale di alcuni fenomeni, nel 2025 ha inserito degli specifici focus tra cui Felicità e welfare grazie alla partnership tecnica con Up.
Up Day: Up Day è un’azienda che opera nel mercato dei servizi alle imprese e alla persona quali buoni pasto, buoni acquisto e piani di welfare aziendale.
A gennaio 2023 Day diventa “Società Benefit” formalizzando un percorso che di fatto la vede già tra le aziende che hanno deciso di operare in maniera responsabile e sostenibile nei confronti della comunità, persone, territorio e ambiente. A marzo 2023 si aggiunge la certificazione per la parità di genere, prima realtà del settore ad ottenerla, con l’obiettivo di creare un ambiente lavorativo inclusivo e libero da qualsiasi forma di discriminazione, garantire parità di opportunità a tutti i lavoratori, a prescindere dalle circostanze personali di ciascuno.
Day, con oltre 120 dipendenti, raggiunge in Italia ogni giorno 30.000 aziende clienti e 1.3 milioni di beneficiari, collaborando quotidianamente con 150.000 partner affiliati, nel 2024 ha realizzato 1,2 miliardi di emissione con risultati sempre in crescita.