La grave situazione di mobilità e turismo in montagna
La posizione e l'impegno della Associazione Transdolomites.
Impera sui social e sui media la rabbia, la rassegnazione che puntualmente esplode nelle località turistiche di montagna prese d’assedio dal turismo di massa. La fame di raccontare i record di presenze l’avidità di riempirsi la pancia a più non posso degli introiti economici rende poco propensi a dotarsi di saggezza e preveggenza che inascoltati da anni richiamano alla necessità di leggere e interpretare con anticipo i problemi, di avere una visione strategica del futuro. Come spesso ha scritto Transdolomites prima o poi la storia presenta il conto ed ora proprio la storia ci mette di fronte alla cruda realtà.
Chi troppo ha voluto dalla “mucca turismo” ora si trova a fare l’amara constatazione che il turismo da risorsa e opportunità di sostentamento soprattutto per le popolazioni di montagna oggi è diventato il problema.
Il problema che non va cestinato ma gestito affinché esso torni ad essere compatibile con le caratteristiche dell’ambiente alpino e dolomitico.
Non parliamo solo di congestionamento della viabilità, questione ambientale, l’inquinamento acustico, gas di scarico, i chilometri quadrati di territorio sacrificati per realizzare strade e parcheggi nel nome della fluidificazione del traffico che alla fine come risultato produce sempre più traffico. Che più si investa sulle strade e più traffico si fomenti non è una ideologia ambientalista ma un dato di fatto dimostrato da studi qualificati. Ma come ben si sà la cultura ancora a detta di troppi non sfama, meglio navigare nei problemi e sprecare tempo e soprattutto grandi risorse economiche pubbliche.
Oltre alle criticità appena citate, altra questione che da tempo (ovviamente inascoltata) va assumendo sempre maggior consistenza a livello mondiale è l’incrinarsi della pacifica convivenza o livello di sopportazione tra residenti e turisti.
Le notizie di cronaca di questo fenomeno sono sempre più frequenti. A confermare in ordine di tempo il fenomeno è quanto emerso in occasione del convegno che qualche giorno fa ha avuto luogo all’EURAC di Bolzano. Gli interventi degli esperti hanno ribadito la crescente insofferenza delle popolazioni residenti nelle valli verso il turismo asfissiante che le rende prigioniere in casa loro. In sintesi il monito emerso nell’evento di Eurac è che o il turismo si svilupperà insieme ai residenti o non si svilupperà.
La necessità di governare il movimento turistico non è una novità. Una fonte qualificata come Federturismo Confindustria nel REPORT: i numeri del turismo internazionale - fonte: https://www.federturismo.it/it/i-servizi/osservatorio-turismo/report/507-osservatorio-turismo/report-osservatorio/948 - ci rende dotti della portata del movimento turistico a livello mondiale.
Si tratta di un ciclo espansivo con enormi implicazioni sul piano sociale, economico e culturale (di natura diretta, indiretta e indotta), che ha superato le più rosee aspettative (basti pensare che nel 1950 i turisti internazionali erano poco più di 25milioni) e che, sempre secondo le previsioni dell UNWTO (World Tourism Organization), è destinato a perdurare ed aumentare nel tempo. Ed infatti nel 2013 i viaggiatori internazionali hanno superato per la prima volta il miliardo di unità (+60% sul 2000), sostenendo una spesa di oltre 1.159 miliardi di dollari. Le previsioni da oggi al 2030 indicano che si possa raggiungere l’incredibile cifra di 1,8 miliardi di viaggiatori in tutto il Mondo (+80% sul 2013).
Questi dati forniscono l’idea di una problema globale e se volgiamo lo sguardo alla già difficile situazione nella quale versa la regione dolomitica, la stessa Euregio, e le ricadute che potrebbero derivare successivamente alle Olimpiadi invernali 2026 il nostro invito è a riflettere sul pesante ritardo con il quale si stanno affrontando i problemi della mobilità e gestione del territorio. Rispetto al campanello d’allarme che Paolo Oss Mazzurana lanciò nel 1891 con la lettera inviata a Vienna preoccupato del fenomeno traffico e se guardiamo allo stesso problema ma ai nostri giorni, significa che per oltre un secolo si è dormito sugli allori ed ancora in troppi sono a pensare che in fin dei conti si tratta di sopportare per qualche settimana all’anno.
E politicamente parlando non esistono fronti politici contrapposti, una maggioranza o una opposizione con visioni idee magari contrapposte. Sono letteralmente inesistenti, a corto di idee. I politici nelle valli sono evaporati, ed una parte di loro sanno alzare la testa semmai se si tratta di mettere i bastoni tra le ruote dinanzi nei confronti di chi produce proposte e soluzioni.
Svanita nel nulla persino al Chiesa che aveva annunciato l’Enciclica “Laudato si” di Papa Francesco pubblicata nel maggio 2015 ove si focalizzava sulla cura dell'ambiente naturale e delle persone, nonché su questioni più ampie del rapporto tra Dio, gli esseri umani e la Terra.
Dunque Dolomiti, tanto per restare a casa nostra, abbandonate a se stesse dove, non per superbia, a fare la voce grossa continua a battersi Transdolomites.
E che dire di chi per Statuto, e per propria storia come ad esempio la SAT doveva e dovrebbe farsi carico della difesa della montagna.
Fondata a Madonna di Campiglio il 2 settembre 1872 con il nome di Società Alpina del Trentino con essa i soci fondatori intendevano promuovere la conoscenza delle montagne trentine, lo sviluppo turistico delle vallate. I mezzi per perseguire tali scopi erano: la costruzione di rifugi, la realizzazione di sentieri, i finanziamenti agli albergatori, l’organizzazione delle guide alpine, l’ascensione di cime e la pubblicazione di scritti geografici e alpinistici. Tra queste attività figura anche il sostegno alla costruzione di alcune ferrovie di montagna.
In più occasioni da Transdolomites invitata a confrontarsi pubblicamente sul tema della mobilità sostenibile dolomitica ed alpina, ultimo di questi appuntamenti il convegno Eurac del novembre 2022, si è puntualmente defilata. Le puntualizzazioni qui citate si rivolgono ovviamente non ai soci SAT ma alla Direzione che negli anni addietro ha fatto orecchie da mercante. Ma non ci si illuda; la gestione della montagna non passa solo per rifugi e sentieri ma sulla consapevolezza che quando si parla di traffico le politiche programmatorie di salvaguardia della montagna deve partire dalla pianura, dalle città, ossia dai luoghi in cui si genera il fenomeno traffico diretto alle valli di montagna, ai passi. I cambiamenti climatici sotto gli occhi di tutti, le pianure e città roventi che disincentivano persino il soggiorno verso le località marine, contribuirà sempre più a sospingere i turisti a scegliere il clima più vivibile della montagna. Dunque è ora di smettere di pensare che i problemi della montagna inizino dai 1.500 metri di altitudine in su. E se le strade sono ormai al collasso ecco che la sola alternativa proponibile è una rete ferroviaria che dalle città, porti aeroporti, connetta alle località di montagna.
Perché in questa occasione puntiamo il dito nei riguardi di SAT.
Beh, lo spunto ce lo ha offerto la recente gita dei soci SAT in Val di Fassa ed il racconto del lungo viaggio in pullman verso la Val di Fassa. La speranza è che questa esperienza apra gli occhi a chi di competenza all’interno dell’associazione.
Ma la gita dei satini offre comunque occasione per fare qualche riflessione costruttiva e comparativa in questo caso ragionando in termini di ore di viaggio.
A tale proposito ci illumina lo studio a firma di Ing. Giovanni Saccà che sino a fine 2023 era Preside della sezione di Verona del Collegio Ingegneri Ferroviari Italiani (CIFI) e del Prof. Francesco Rossi che fu Preside della Facoltà di Economia dell’Università di Verona.
Lo studio cui facciamo riferimento riguarda le ipotesi di percorso della Ferrovia Avisio del 2014 che quest’anno è stato concesso in uso a Rete Ferroviaria Italiana (RFI) per l’esecuzione dello studio di fattibilità della ferrovia Avisio.
Lo corposo studio citato forte delle sue 1500 pagine e video il tutto realizzato secondo le normative di RFI contiene anche i tempi di viaggio del treno Trento-Penia di Canazei.
Da Trento e Penia 85 minuti
Da Cavalese a Penia 45 minuti
Da Moena a Penia 21 minuti
I tempi di viaggio comprendono i tempi di sosta alle fermate.
Da Trento a Penia in pullman 207 minuti
Ci pare che la differenza tra i minuti di treno (85) e le 5 ore di viaggio del gruppo SAT per coprire lo stesso percorso sia abissale.
Il nostro pensiero e ringraziamento va ai tanti turisti che in numero sempre maggiore fanno uso massiccio dei mezzi pubblici.
Un grazie che detto a cuore aperto per la scelta di civiltà re che va letto anche come forma di rispetto nei riguardi delle valli di Fiemme e Fassa. Peccato però che la loro scelta civile venga poi “punita” dal congestionamento delle strade che porta incolpevolmente i mezzi pubblici ad accumulare anche 1,5 ore di ritardo nelle tratte intervallive.
Ecco allora che la ferrovia nelle valli Avisio non solo sarebbe l’occasione per viaggiare in tempi ottimali ma, anche una forma di compensazione per le popolazioni residenti che si troverebbero a poter usufruire di una servizio comodo per tutto l’anno. Forma di restituzione anche nei riguardi delle popolazioni che vivono lungo l’asta del fiume Adige ove si snodano i grandi flussi di traffico e di emissioni prodotte dai movimenti turistici e dei residenti.
Ogni auto che il treno dell’Avisio potrebbe sottrarre alla strada sarebbe un sollievo per tanti.
Info:
Massimo Girardi, Presidente di Transdolomites
Cellulare 320.4039769