Il diritto all’equità di accesso alle cure
La vicenda dell’Ospedale di Chiaromonte in Basilicata fa sorgere nuovi interrogativi sul Riordino del Sistema Sanitario della Regione.
Rifacendomi all’articolo “Le sorti dell’ospedale di Chiaromonte nelle mani del Presidente Mattarella, quale garante dei diritti costituzionali”, pubblicato su FrancavillaInforma.it in data 19 Novembre 2017, elaborato in maniera acuta e sagace dall’amico Antonio Amatucci, vorrei aggiungere alcune considerazioni a sostegno delle tesi addotte.
Già con la legge del 23 Dicembre 1978 n.833, che istituiva il Servizio Sanitario Nazionale, si sancisce il superamento del preesistente sistema mutualistico-previdenziale e si fissano i principi e gli obiettivi alla base della nuova organica legislazione di riordino del sistema. L’art. 1 comma 3° prevede che “il Servizio Sanitario Nazionale è costituito dal complesso di funzioni, delle strutture, dei servizi e delle attività destinati alla promozione, al mantenimento ed al recupero della salute fisica e psichica di tutta la popolazione, senza distinzione di condizioni individuali o sociali e secondo modalità che assicurino l’eguaglianza dei cittadini nei confronti del servizio”. Si introducono ovvero il principio della globalità delle prestazioni, della universalità dei destinatari e dell’uguaglianza di trattamento.
Princìpi, che a 40 anni dalla legge, sono difficili da ritrovare nella L.R. 16.1.2017 n. 2 sul “Riordino del Sistema Sanitario Regionale di Basilicata”, come testimoniato dall’articolo citato, soprattutto in merito alla vicenda dell’Ospedale di Chiaromonte, relegato nella programmazione regionale ad “Ospedale di Comunità”, dedito alla lungodegenza ed alla presa in carico di malati cronici, tanto da spingere due Comitati Civici, “La nostra voce in difesa dell’Ospedale di Chiaromonte” e l’ACOP Onlus – Associazione Consumatori del Popolo, a produrre ricorso giurisdizionale al Presidente della Repubblica Mattarella, per il tramite del Ministero della Salute.
Va ribadito che l’equità di accesso alle cure, l’equità di utilizzo delle prestazioni sanitarie e l’equità della qualità nella sicurezza dei trattamenti efficaci, in relazione alla distribuzione dei bisogni di salute, rappresenta l’obiettivo principale di una Azienda Sanitaria. Il che implica che per migliorare le condizioni di accesso alle prestazioni sanitarie è necessario intervenire anche attraverso la riduzione degli squilibri territoriali, che determinano il sottodimensionamento dell’offerta di prestazioni in alcune aree considerate disagiate e adeguando la risposta nei riguardi del bisogno da soddisfare. L’accessibilità rappresenta un elemento di qualità, che non può essere intaccato dalla lontananza geografica tra il luogo di domanda e quello dell’offerta e che richiede ottimali criteri organizzativi dei servizi, tale da giustificare una programmazione tesa a soddisfare le esigenze di tutti gli stakeholders (chiedo scusa del termine inglese, ma ormai in uso comune, riferendosi alla gestione di aziende in generale e sanitarie nello specifico), ovvero di tutti i “portatori di interesse”, in primis gli utenti, in relazione al fabbisogno di assistenza delle comunità, legato allo stato di salute della popolazione. Il tutto in accordo con il dettame costituzionale, con la citata legge 833/1978 di istituzione del SSN, con la riforma bis D. Lgs. 30-12-1992 n.502 e con la riforma ter D. Lgs. 229 del 19-6-1999.
Non possono esistere cittadini di fascia A e cittadini di fascia B in relazione alla loro possibilità di accesso alle adeguate e tempestive offerte di prestazioni sanitarie.
In questo contesto assume particolare rilevanza il sistema di emergenza-urgenza sanitaria. I riferimenti normativi risalgono già al Decreto del Presidente della Repubblica del 27 Marzo 1992 “Atto di indirizzo e coordinamento alle Regioni per la determinazione dei livelli di assistenza sanitaria in emergenza”, che ha istituzionalizzato un modello organizzativo avanzato e complesso. Nello specifico viene disegnato un modello, la cui realizzazione è affidata alle Regioni, che prevede il coinvolgimento in rete di tutte le strutture deputate all’emergenza. L’obiettivo è di favorire la tempestività dell’accesso, con riduzione del free therapy interval (intervallo di tempo senza terapia) e, conseguentemente, il miglioramento degli esiti della malattia, compreso l’aumento della sopravvivenza. I Dipartimenti Integrati dell’Emergenza devono essere programmati in modo tale da governare tutte le componenti territoriali ed ospedaliere: garantendo gli standard strutturali; ottimizzando il modello “hub & spoke” di presidi ospedalieri funzionalmente differenziati e gerarchicamente organizzati; assicurando l’ottimale realizzazione di percorsi territorio/ospedale, soprattutto per le patologie ad alta complessità e a più alta incidenza di morbilità e mortalità, come le cardiovascolari, neurologiche e traumatologiche.
E’ a questo modello che si deve tendere, garantendo ai cittadini uguali diritti di appropriatezza, efficacia ed efficienza di cure.
Nicola M. Vitola
nimavin@libero.it
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