Dott.Pier Mario Biava: riprogrammare le cellule in modo fisiologico per riportarle ad un corretto stato di salute
Si è dimostrato che i fattori di differenziazione delle cellule staminali prelevati dall’uovo di Zebrafish, che ha oltre il 90% di proteine in comune con quelle umane, sono in grado di normalizzare il ciclo cellulare e riprogrammare le cellule in modo fisiologico ( senza alterazioni genetiche ).
Pier Mario Biava è un medico, ricercatore illustre dell’Istituto di Ricerca e Cura a Carattere Scientifico Multimedica di Milano.
Medico del lavoro, si è laureato in Medicina all’Università di Pavia, specializzandosi prima in medicina del lavoro all’Università di Padova ed in seguito in igiene all’Università di Trieste. Studia da parecchi anni il rapporto fra cancro e differenziazione cellulare: ha isolato i fattori di crescita e differenziazione delle cellule staminali in grado di inibire o rallentare la crescita di vari tipi di tumori umani e di indirizzare in generale il destino delle cellule staminali normali e patologiche. Ciò ha notevole importanza nella prevenzione e trattamento di vari tipi di malattie come le malattie cronico-degenerative ed in medicina rigenerativa per il rinnovamento e la rigenerazione dei tessuti.
Queste ricerche possono avere ricadute positive nei trattamenti integrativi dei trapianti di cellule staminali ed in prospettiva sostituirli.
Docente per numerosi anni alla Scuola di Specializzazione di Medicina del Lavoro di Trieste, lavora presso l’Istituto di Ricerca e Cura a Carattere Scientifico Multimedica di Milano.
E’ autore di oltre 100 pubblicazioni scientifiche e di alcuni libri, quali: “L’Aggressione Nascosta – Limiti Sanitari di Esposizione ai Rischi” edito da Feltrinelli, ”Complessità e Biologia” edito da Bruno Mondadori e “Il Cancro e la Ricerca del Senso Perduto” edito da Springer., “Il Senso Ritrovato”, curato con Ervin Laszlo edito da Springer e “Dal segno al simbolo – Il manifesto del nuono paradigma in medicina” scritto con Diego Frigoli ed Ervin Laszlo edito da Persiani.
Fa parte dei Comitati Scientifici di alcune riviste internazionali nel campo dell’oncologia e dell’epidemiologia, e dei comitati scientifici di Vita365 e CMNSport.
Alla base del suo percorso, la critica verso il modello dominante nella medicina occidentale, medicina deumanizzata-cosificata in un riduzionismo che ha preso il sopravvento su ogni altro tipo di pensiero, che guarda agli organismi viventi come ad un insieme di meccanismi biochimici, in cui ciascuna cellula costituisce un’entità individuale, per cui può essere trattata indipendentemente dal contesto in cui si trova.
Biava ha accolto invece la visione olistica nella quale il tutto caratterizza il contesto che determina il comportamento delle parti e questo lo conduce inevitabilmente ad un discorso filosofico sul cancro, interpretato come patologia della significazione, metafora di un’epoca, la nostra, in cui il male maggiore sembra proprio la perdita di senso, a tutti i livelli.
Cosa ha scoperto Pier Mario Biava?
Il meccanismo di riprogrammazione fisiologica delle cellule è presente, in perfetto equilibrio, nell’organismo umano al suo stadio embrionale, che è dunque in grado di ricostruire il ciclo vitale della singola cellula. Purtroppo, col trascorrere degli anni, tale equilibrio si altera e le cellule decadono e muoiono per cause naturali o patologiche. Ora è possibile riprodurre questo meccanismo di rigenerazione anche negli organismi adulti, contrastandone il decadimento o la degenerazione grazie ai fattori di crescita e differenziazione.
Sono state trattate in vitro con estratto di embrioni di zebrafish cinque linee cellulari di tumori umani (glioblastoma, melanoma, adenocarcinoma del rene, del polmone e della leucemia linfoblastica).
Ogni linea ha dimostrato un calo dello sviluppo cellulare conseguente al trattamento con l’estratto di embrioni di Zebrafish.
Questo estratto è stato prelevato dagli embrioni durante le fasi della differenziazione cellulare. Se si preleva durante le fasi di mera crescita embrionale non si ottiene nessun calo. Questi risultati suggeriscono come durante le fasi di differenziazione ci siano dei fattori che frenano la crescita delle cellule tumorali e che possono essere usati nella terapia.
D’altro canto è noto che le staminali possono essere differenziate in vario modo ed è così che producono i vari tipi di tessuti guidate da fattori presenti nell’ambiente embrionale. Questi fattori di differenziazione cellulare possono normalizzare l’espressione dei geni ed è quindi pensabile che possano rappresentare una terapia genica. E’ suggerito di aggiungere a tutte le terapie chirurgiche il trattamento con fattori di differenziazione delle cellule staminali che arrestano la maturazione verso la malignità delle cellule che possono dare origine al tumore.
Lo Zebrafish, o Danio rerio , è un pesce di acqua dolce che negli ultimi anni è diventato il modello animale più utilizzato al mondo negli studi di laboratorio, grazie alla sua particolare caratteristica. In momenti specifici della crescita degli embrioni di Zebrafish, utilizzando sofisticate tecniche, è possibile ottenere l’intero codice epigenetico in grado per l’appunto di riprogrammare le cellule umane e di differenziarle.
Si è dimostrato che i fattori di differenziazione delle cellule staminali prelevati dall’uovo di Zebrafish, che ha oltre il 90% di proteine in comune con quelle umane, sono in grado di normalizzare il ciclo cellulare e riprogrammare le cellule in modo fisiologico ( senza alterazioni genetiche ).
L’embrione, almeno in certi momenti ben precisi del suo sviluppo, produce una serie di proteine che sembrano in grado di bloccare le cellule staminali “cattive” responsabili di alcune forme di tumore, spingendole a differenziarsi in una forma non pericolosa.
Biava e altri colleghi, fra cui Luigi Frati, preside della facoltà di medicina all’università La Sapienza di Roma, hanno sperimentato su 179 malati di carcinoma al fegato in fase avanzata una miscela di queste proteine a basso peso molecolare, estratte dall’embrione dello Zebrafish (un pesce tropicale). I pazienti, per i quali non era più possibile effettuare altre terapie, sono stati suddivisi in due gruppi: al primo sono stati somministrati gli estratti embrionali, mentre il secondo gruppo ha ricevuto una terapia conservativa. Dopo quattro anni, l’analisi dei dati ha mostrato che la terapia con i fattori embrionali era stata in grado di migliorare sensibilmente la sopravvivenza, di indurre una risposta o una regressione della malattia in un paziente su cinque e un arresto della progressione nel 16 per cento dei casi trattati. La spiegazione di questi risultati positivi va cercata, secondo Biava, nella capacità che le proteine estratte dall’embrione (in termine tecnico, i fattori di differenziazione) hanno di spingere le cellule staminali del tumore a “prendere una strada” diversa, riducendo, o perdendo del tutto, la loro pericolosità. I risultati della ricerca sono stati appena pubblicati sulla rivista Oncology Research.
© Pensi che questo testo violi qualche norma sul copyright, contenga abusi di qualche tipo? Contatta il responsabile o Leggi come procedere