SALUTE e MEDICINA
Comunicato Stampa

Alzheimer e MICROBIOTA

L’Alzheimer è una patologia neurodegenerativa, che determina il danneggiamento e la perdita graduale dei neuroni nel cervello provocando un forte impatto sulle capacità cognitive della persona. Benché appaia come una patologia esclusivamente del sistema nervoso centrale, un numero crescente di evidenze scientifiche sottolineano il ruolo di fattori più “periferici” tra cui ciò che avviene nell’apparato digerente, soprattutto per quanto riguarda l’intestino ed il cosiddetto microbiota.

FotoLa malattia di Alzheimer è la causa più comune di demenza: ancora incurabile, colpisce direttamente quasi un milione di persone in Europa e indirettamente milioni di famiglie e la società nel suo insieme. La malattia di Alzheimer è una malattia degenerativa del SNC e rappresenta la causa più comune di demenza senile di cui non si conoscono ancora le cause.

Ancora incurabile, colpisce direttamente quasi un milione di persone in Europa con pesanti ripercussioni per le famiglie che devono assistere i propri cari. Si stima che nel mondo siano più di 55 milioni i casi di demenza, la cui forma più comune è la malattia di Alzheimer. In Italia attualmente sono circa due milioni le persone con demenza o disturbo neuro cognitivo maggiore o con una forma di declino cognitivo lieve. Circa quattro milioni sono i loro familiari.

Negli ultimi anni la comunità scientifica ha osservato una stretta correlazione tra la composizione del microbiota intestinale e la comparsa di placche amiloidi a livello celebrale, caratteristiche della malattia di Alzheimer. Anche nel caso dell’Alzheimer, è l’essere umano intero che va preso in considerazione. In alternativa non si caverà un ragno dal buco, come documenta la ricerca degli ultimi 50 anni.

Il termine MICROBIOTA si riferisce all’insieme di microrganismi che risiedono naturalmente e stabilmente in specifiche aree del nostro corpo. Il microbiota più denso e popolato è sicuramente quello presente sulla superficie delle pareti intestinali e qui si contano almeno 1013-1014 microrganismi, un numero incredibile e circa pari a quello delle nostre stesse cellule. Ma l’intestino non è l’unico luogo che ospita microrganismi ed infatti esistono diverse tipologie di microbiota, che si localizzano a livello orale, cutaneo, vaginale e respiratorio. Focalizzandoci sul microbiota intestinale i microrganismi principali sono batteri, con circa 600-1000 specie batteriche differenti presenti nell’intestino di ciascuno di noi.

Ma i batteri non sono i soli, in quanto sono presenti secondariamente anche funghi e virus, il cui ruolo sta pian piano emergendo dagli studi più recenti. È bene precisare che questi microrganismi risiedono naturalmente nell’intestino e svolgono un ruolo essenziale nel promuovere la nostra salute, in quanto instaurano con noi un rapporto di simbiosi. Il microbiota intestinale, infatti, partecipa alla difesa dell’organismo da parte dei patogeni, alla maturazione e regolazione immunitaria, alla protezione della mucosa intestinale, alla digestione, alla sintesi di alcune vitamine e di molte sostanze bioattive.

Le alterazioni del microbiota intestinale sono collegate a varie patologie tra cui le malattie infiammatorie intestinali, quelle epatiche, metaboliche, alcune tipologie di tumori e persino disturbi del sistema nervoso centrale. Tra questi ci possono essere influenze sul dolore, performance cognitiva, autismo, ictus e malattie neurodegenerative. Di fatto la ricerca ha ormai confermato che il microbiota instaura una relazione bidirezionale con il cervello e ciò avviene tramite messaggi nervosi, immunologici e molecolari. Da una parte il sistema nervoso centrale è in grado di modificare l’ambito intestinale regolando il transito intestinale, le secrezioni ed i processi immunitari. D’altra parte i microrganismi intestinali sono in grado di sintetizzare e rilasciare un’ampia varietà di metaboliti, sostanze bioattive e neurotrasmettitori, che possono influenzare il funzionamento cerebrale. Pertanto si tratta di un vero e proprio asse in cui la salute del sistema nervoso, quella dell’intestino e del microbiota si influenzano vicendevolmente.

Uno studio (1), condotto dall'IRCCS Fatebenefratelli di Brescia, ha evidenziato un'importante correlazione tra il microbiota intestinale e la malattia di Alzheimer aprendo la strada a nuove possibili strategie preventive altamente innovative.

La ricerca realizzata da un gruppo internazionale che comprende ricercatori dell’Unità di psichiatria biologica dell’IRCCS Fatebenefratelli di Brescia, dell’Università di Milano e dell’irlandese University College Cork, con John F. Cryan leader mondiale dello studio del microbioma, ha stabilito che c’è una relazione causale tra alterazione del microbiota intestinale e Alzheimer. Le prove sono le seguenti:

1. trapiantando un estratto di microbiota di pazienti con Alzheimer in giovani ratti, nel giro di poco tempo si notano segni di indebolimento cognitivo e alterazioni comportamentali compatibili con la malattia umana;
2. l’intestino dei ratti mostra alterazioni che si riscontrano in pazienti con Alzheimer con un forte incremento di istidina (da cui l’istamina) e un deficit di butirrato;
3. esponendo cellule staminali umane ippocampali al siero di pazienti con Alzheimer, queste non si sviluppano correttamente dimostrando un blocco della neurogenesi.

Questa ultima osservazione è davvero notevole perché dimostra che nella patogenesi dell’Alzheimer il primo fondamentale step, prima ancora della formazione delle placche, è quello del blocco della riserva di cellule nervose che è collocata in una area ippocampale che si chiama giro dentato. Le sostanze infiammatorie e i metaboliti del microbiota intestinale alterato dall’intestino vanno al cervello danneggiando la nicchia che consente la produzione di nuove cellule nervose (neurogenesi). Da altri studi sappiamo che lo stress, l’alimentazione ricca di carne, la sedentarietà bloccano la neurogenesi ippocampale.

Un altro studio (2) pubblicato sulla rivista internazionale JAD (Journal of Alzheimer's Disease) ha evidenziato chiaramente questa correlazione. Lo studio è stato condotto da un team di ricercatori italiani: Dipartimento di Scienze Chimiche dell'Università degli Studi di Napoli Federico II -, I.B.B.- C.N.R. Napoli, Centro di Ricerche SDN – Napoli, Centro nazionale di ricerca e cura per l'Alzheimer e le malattie psichiatriche Fatebenefratelli di Brescia in collaborazione con il prof. Frisoni, direttore del centro della memoria HUG di Ginevra, professore di geriatria presso l'Università svizzera, da molti anni studia le connessioni tra il microbiota intestinale e le malattie neurodegenerative negli anziani.

Questo studio ha confermato la correlazione, nell'uomo, tra uno squilibrio del microbiota intestinale e lo sviluppo di placche amiloidi nel cervello, che sono all'origine dei disturbi neurodegenerativi caratteristici della malattia di Alzheimer. Le proteine prodotte da alcuni batteri intestinali, identificati nel sangue dei pazienti, potrebbero infatti modificare l'interazione tra il sistema immunitario e quello nervoso e innescare la malattia. I risultati a cui sono arrivati gli scienziati permettono di ipotizzare nuove strategie preventive basate sulla modulazione del microbiota delle persone a rischio.

I risultati della sperimentazione clinica hanno messo in evidenza che il cattivo funzionamento (o l'alterazione della composizione basale) del microbiota intestinale può contribuire con una elevata probabilità a interferire con le placche amiloidi del cervello e accelerare il progressivo deterioramento delle stesse causando nei pazienti l'insorgere della malattia. In particolare, le sostanze e i composti responsabili di questo processo irreversibile sono risultati essere gli acidi grassi a corta catena e i lipopolisaccaridi.

E' noto che i pazienti con malattia di Alzheimer conclamata hanno un'alterazione della flora intestinale, una scarsa diversità batterica ed un'anomala produzione di acidi grassi liberi a corta catena. Queste molecole, come riportato ampiamente in letteratura, hanno un effetto protettivo e un'azione antiinfiammatoria sia a livello enterico che cerebrale. Questo studio ha coinvolto pazienti di età compresa tra 65-85 anni, un gruppo con Alzheimer già diagnosticato, un secondo con sintomatologia più lieve, (perdita di memoria) ed un terzo senza evidenti problemi neurodegenerativi. Tra le indagini diagnostiche effettuate, la Pet Imaging ha evidenziato che i soggetti con A.D. presentavano a livello celebrale numerose placche amiloidi mentre nel sangue si osservava la comparsa di molecole pro-infiammatorie, lipopolisaccaridi ed un'alterata produzione di acidi grassi a corta catena. Per questi acidi, opportunamente dosati, è stato chiaramente verificato che alti livelli di acido acetico e di acido valerico sono associati ad una maggiore quantità di depositi di amiloide a livello celebrale mentre alti livelli di acido butirrico svolgono un effetto antiinfiammatorio e protettivo.

Questi risultati ci aiutano a comprendere meglio alcuni aspetti della malattia, un aiuto alla prevenzione può venire dall'alimentazione, una dieta particolarmente ricca in fibre, adeguatamente supplementata da integratori PRE E PROBIOTICI può favorire lo sviluppo dei batteri buoni a livello intestinale e rafforzare le difese immunitarie.

Da questi risultati si evince ancora una volta il ruolo fondamentale che svolgono il microbiota e il microbioma intestinale nell'insorgenza di determinate patologie, le cause delle quali purtroppo non sono ancora ben note. Ulteriori studi saranno condotti per cercare di modulare la produzione degli acidi grassi a corta catena, scongiurando così l'insorgere di questa tremenda patologia.

DAGLI STUDI SI EVIDENZIA CON CERTEZZA CHE UN MONITORAGGIO DELLA COMPONENTE MICROBICA INTESTINALE SERVIREBBE QUINDI COME VALIDO ALLEATO NELLA PREVENZIONE E GESTIONE DELLA PATOLOGIA DI ALZHEIMER.

COME PUÒ ESATTAMENTE IL MICROBIOTA INTESTINALE INFLUIRE SULLA MALATTIA DI ALZHEIMER
I batteri intestinali possono agire sul funzionamento del cervello e promuovere la neurodegenerazione attraverso diverse vie: possono infatti influenzare la regolazione del sistema immunitario e, di conseguenza, possono modificare l'interazione tra sistema immunitario e sistema nervoso. I lipopolisaccaridi, proteine che costituiscono la membrana di alcuni batteri e che hanno proprietà pro-infiammatorie, sono stati individuati nelle placche amiloidi e intorno ai vasi nel cervello delle persone con malattia di Alzheimer. Inoltre, il microbiota intestinale produce metaboliti che, avendo proprietà neuroprotettive e antinfiammatorie, influenzano direttamente o indirettamente la funzione cerebrale.

BACTEROIDETES E FIRMICUTES: uno studio ha dimostrato che una maggiore abbondanza di Firmicutes è correlata a migliori prestazioni cognitive, mentre una maggiore abbondanza di Bacteroidetes è associata a peggiori performance.

Inoltre, una maggiore abbondanza di Proteobacteria è correlata a peggiori prestazioni cognitive, mentre una maggiore abbondanza di Verrucomicrobia è associata a migliori prestazioni in apprendimento verbale, attenzione e funzioni esecutive

LACTOBACILLUS E BIFIDOBACTERIUM: questi batteri benefici sono noti per i loro effetti positivi sulla salute intestinale e sono stati associati a una riduzione dell’infiammazione neurodegenerativa e a miglioramenti nelle funzioni cognitive

PORPHYROMONAS GINGIVALIS E MALATTIE NEURODEGENERATIVE

PORPHYROMONAS GINGIVALIS è un batterio gram-negativo associato alla parodontite, una malattia che può influenzare varie patologie sistemiche, incluse le malattie neurodegenerative come l’Alzheimer e il Parkinson. Questo batterio può attraversare la barriera emato-encefalica o mediare l’infiammazione neurodegenerativa attraverso l’asse intestino-cervello, influenzando la crescita e la sopravvivenza neuronale.

Uno studio pubblicato su Science Advances ha rilevato la presenza di P. gingivalis nel cervello di pazienti deceduti affetti da Alzheimer, suggerendo un possibile ruolo causale di questo batterio nella malattia. Inoltre, le “gingipain”, sostanze tossiche prodotte da P. gingivalis, sono state trovate nel cervello di pazienti con Alzheimer, rafforzando l’ipotesi di un legame tra infezioni orali e neurodegenerazione

I BATTERI RESPONSABILI DELLA NEURODEGENERAZIONE
Gli studiosi hanno trovato 10 specie batteriche effettivamente associate alla diagnosi di Alzheimer. Sei di queste sono associate negativamente alla diagnosi, ovvero la loro presenza è minore nei pazienti malati e sono quindi identificate come fattori di protezione. Le restanti quattro sono associate positivamente alla malattia, costituendo fattori di rischio.

• Collinsella – rappresenta un fattore di rischio già associato ad artrite reumatoide, diabete di tipo 2, aterosclerosi. A livello molecolare, il suo effetto potrebbe essere dovuto al potere infiammatorio del batterio: una sua eccessiva quantità aumenta la presenza di citochine infiammatorie e chemochine. Esso inoltre aumenta la permeabilità intestinale, riducendo l’espressione proteica delle giunzioni cellulari.
• Eisenbergiella, Eubacterium fissicatena ed Eubacterium nodatum – sono tre specie batteriche negativamente associate alla diagnosi di Alzheimer, note per sintetizzare butirrato (un SFCA) dai carboidrati introdotti con l’alimentazione. Il butirrato è infatti un mediatore della risposta infiammatoria, nonché un protettore della permeabilità intestinale.
• Lachnospira e Veillonella – sono identificati come fattori di rischio: recenti studi riportano che i pazienti affetti da Alzheimer presentano elevate quantità di Veillonella nel microbioma orale, mentre nell’intestino questi promuovono l’infiammazione. Questo risultato potrebbe porre le basi per futuri studi sulla correlazione tra patologie del cavo orale e neurodegenerative.
• Prevotella e Bacteroides – della famiglia dei Bacteroidetes, risultano rispettivamente fattore di rischio e fattore di protezione. I primi sono presenti in quantità maggiori nel microbiota di chi segue stili alimentari plant-based, simili alla dieta mediterranea. I Bacteroides invece, tipici delle diete ricche di proteine e grassi, secernono endotossine, implicate nelle disfunzioni intestinali e nella risposta infiammatoria delle cellule della microglia.
• Gordonia e Adlercreutzia – due specie protettive degli Attinomiceti. Essi producono urolitina A (UA) ed equolo, metaboliti fondamentali nelle funzioni mitocondriali. L’UA sono anti-infiammatori fondamentali nella mitofagia, ovvero la rimozione dei mitocondri difettosi nella cellula. La mitofagia incompleta è parte della patogenesi di Alzehimer, il che rende questo composto una promettente futura terapia farmacologica. L’equolo è un estrogenizzante che riduce la neuroinfiammazione e modula l’apoptosi cellulare.

FONTI:
• https://www.unina.it/-/24908773-malattia-di-alzheimer-e-microbiota-intestinale-confermato-il-collegamento
• https://www.fatebenefratelli.it/blog/irccs-fatebenefratelli-brescia-studio-conferma-correlazione-microbiota-alzheimer
• https://www.ingegneriabiomedica.org/news/neuroscience/malattie-neurodegenerative-profonda-connessione-microbiota-cervello/

BIBLIUOGRAFIA
1. Il microbiota dei pazienti affetti da Alzheimer induce deficit nella cognizione e nella neurogenesi ippocampale (https://academic.oup.com/brain/article/146/12/4916/7308687?login=false)
2. Dialogo tra intestino e cervello nella malattia di Alzheimer: il ruolo delle strategie di modulazione del microbiota intestinale (https://pmc.ncbi.nlm.nih.gov/articles/PMC7924846/)
3. Moira Marizzoni, Annamaria Cattaneo, Peppino Mirabelli, Cristina Festari, Nicola Lopizzo, Valentina Nicolosi, Elisa Mombelli, Monica Mazzelli, Delia Luongo, Daniele Naviglio, Luigi Coppola, Marco Salvatore, Giovanni B Frisoni, Short-Chain Fatty Acids and Lipopolysaccharide as Mediators Between Gut Dysbiosis and Amyloid Pathology in Alzheimer's Disease, Journal of Alzheimer's Disease, 78(2), 683-697, 2020.
4. Gareau MG. Microbiota-gut-brain axis and cognitive function. Adv Exp Med Biol. 2014;817:357-71;
5. Fulop T, et al. Can an Infection Hypothesis Explain the Beta Amyloid Hypothesis of Alzheimer’s Disease? Front Aging Neurosci. 2018 Jul 24;10:224;
6. Jiang C, et al. The Gut Microbiota and Alzheimer’s Disease. J Alzheimers Dis. 2017;58(1):1-15;
7. Bostanciklioğlu M. The role of gut microbiota in pathogenesis of Alzheimer’s disease. J Appl Microbiol. 2019 Oct;127(4):954-967;
8. Sureda A, et al. Oral microbiota and Alzheimer’s disease: Do all roads lead to Rome? Pharmacol Res. 2020 Jan;151:104582.



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