GASTRONOMIA
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S.Antonio e il maiale

09/01/08

Origine di una tradizione.

Il 17 gennaio la liturgia cristiana e popolare ricorda questo santo additato come il padre dei monaci e vissuto in Alessandria d’Egitto. Antonio sostenne memorabili lotte contro i demoni, e le sue battaglie colpirono a tal punto l’immaginazione del popolo che ne fece uno dei santi più venerati.
Nelle allegorie del passato il diavolo veniva spesso incarnato nel porco simbolo d’impurità, e l’iconografia popolare, dove il Santo trascinava un maialino “potenza diabolica dominata”, finì per farlo identificare anche come il protettore degli animali. L’anniversario di Sant’Antonio divenne l’occasione per impartire alle bestie, sul sagrato delle chiese, una solenne benedizione. Sant’Antonio si festeggiava accendendo grandi falò: sia per rendergli omaggio, sia per purificare il terreno da sterpi e foglie. Il Santo sottometteva demoni e fiamme, perciò era invocato anche quale patrono del focolare, e il suo intervento era richiesto perfino contro quegli herpes dolorosissimi, appellati tutt’ora “fuoco di Sant’Antonio”.
Nel medioevo i cibi della festa di Sant’Antonio erano la zuppa di fave cotte e la ciabatta intestata al Santo (tipica dell’Emilia), che sembrava un umile calzare composto di farina, uova, burro, zucchero e mandorle, abbellito nella tomaia con ghirigori fatti di cioccolata.
Ma l’alimento più popolare per “onorare” Sant’Antonio era il maiale, superbo ingrediente di piatti come i fagioli con le cotiche o la cassoeula. Addirittura la comunità allevava un maiale a proprie spese, per poi distribuirne le carni ai poveri il 17 gennaio.
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