SALUTE e MEDICINA
Comunicato Stampa

L'uso di POSTBIOTICI sta guadagnando attenzione come possibile alleato nella gestione dell'antibiotico-resistenza

Negli ultimi anni l’antibiotico-resistenza ha assunto proporzioni allarmanti, causando in Italia in media 12.000 decessi annuali. Questo aumento è attribuibile a diversi fattori, tra i quali l’elevato utilizzo di antibiotici nella medicina umana e veterinaria, l’impiego di antibiotici nell’agricoltura e la scarsa gestione delle infezioni nosocomiali che favoriscono la diffusione di ceppi resistenti. Questo fenomeno rappresenta una delle sfide più significative per la sanità pubblica a livello globale.

FotoIn Italia non frena il consumo di antibiotici che favoriscono il proliferare di batteri resistenti alle cure, tanto che, se non si farà qualcosa nel 2050 l’antibiotico-resistenza (AMR) diverrà da noi la prima causa di morte, superando nella triste classifica anche i tumori. In Europa si verificano ogni anno più di 670.000 infezioni da germi antibiotico-resistenti, che – secondo all’ultimo rapporto di sorveglianza dell’ECDC europeo, presentato il 18 novembre 2024 in occasione della giornata europea per la lotta all’antibiotico resistenza- causano oltre 35 mila decessi, di cui quasi un terzo in Italia, che risulta così essere il primo Paese a livello europeo. Ci si ammala di più e si spende in misura sempre maggiore, perché i super batteri sono responsabili di un significativo assorbimento di risorse (sanitarie e non) che ammontano a circa 1,5 miliardi di euro l’anno.

In base al rapporto dell’ECDC europeo i morti causati nel nostro Paese da infezioni ospedaliere resistenti agli antimicrobici sarebbero dunque circa 12mila, un terzo di tutti i decessi che si verificano in ospedale. Nel biennio 2022-23 sono infatti 430 mila i ricoverati che hanno contratto una infezione durante la degenza, l’8,2% del totale dei pazienti contro una media Ue del 6,5%. Peggio di noi con l’8,9% fa solo il Portogallo, che però ha una popolazione più giovane della nostra e quindi meno suscettibile. Ma siamo in fondo alla classifica anche per l’uso di antibiotici, somministrati al 44,7% dei degenti contro una media europea del 33,7%. E così il cane si morde la coda, perché l’uso così massiccio di antimicrobici fa nascere superbatteri resistenti agli stessi farmaci. Tra i microbi più diffusi troviamo la Klebsiella, che infetta le vie urinarie con una mortalità che arriva alla metà dei casi, lo Pseudomonas che provoca infezioni osteoarticolari con mortalità al 70%, l’escherichia coli, che genera diarrea anche sanguinolenta, il clostridium difficile, che prolifera nell’intestino con una mortalità a 30 giorni che si avvicina al 30%.

Nonostante le campagne di sensibilizzazione l’uso degli antibiotici da noi è in aumento, con il 35,5% dei pazienti, non solo ricoverati, che ne ha ricevuto almeno uno negli ultimi due anni, contro il 32,9% del periodo 2016-17. La prevalenza nell’uso di antibiotici aumenta con l’avanzare dell’età, raggiungendo il 60% negli over 85. Nella popolazione pediatrica i maggiori consumi si concentrano nella fascia di età compresa tra 2 e 5 anni, in cui circa 4 bambini su 10 hanno ricevuto nell’anno almeno una prescrizione di antibiotici. Il 76% delle dosi utilizzate è stato erogato dal Servizio Sanitario Nazionale (SSN). Quasi il 90% degli antibiotici rimborsati dal SSN viene erogato sul territorio (in regime di assistenza convenzionata). Più di un quarto dei consumi a livello territoriale (26,3%) corrisponde ad acquisti privati di antibiotici rimborsabili dal SSN (classe A).

Le penicilline in associazione agli inibitori delle beta-lattamasi si confermano la classe a maggior consumo (36% dei consumi totali), seguita dai macrolidi e dai fluorochinoloni. Permane un’ampia variabilità regionale nei consumi a carico del SSN, che sono maggiori al Sud rispetto al Nord e al Centro. Nelle regioni del Nord si registrano inoltre le riduzioni maggiori (-6,1%), mentre al Sud sono più contenute (-2,2%). Nelle Regioni del Sud si riscontra una predilezione per l’utilizzo di antibiotici di seconda scelta. Complessivamente i consumi in Italia si mantengono superiori a quelli di molti Paesi europei. L’Italia si conferma uno dei Paesi europei con il maggior ricorso a molecole ad ampio spettro, a maggior impatto sulle resistenze antibiotiche e pertanto considerate di seconda linea, con un trend in peggioramento negli ultimi due anni.

Il problema della resistenza agli antibiotici è complesso poiché riconosce diverse cause:
• l’aumentato uso di questi farmaci (incluso l’utilizzo non appropriato) sia in medicina umana che veterinaria
• l’uso degli antibiotici in zootecnia e in agricoltura
• la diffusione delle infezioni correlate all’assistenza causate da microrganismi antibiotico-resistenti (e il limitato controllo di queste infezioni)
• una maggiore diffusione dei ceppi resistenti dovuto a un aumento dei viaggi e degli spostamenti internazionali.

L’uso continuo degli antibiotici aumenta la pressione selettiva favorendo l’emergere, la moltiplicazione e la diffusione dei ceppi resistenti. Inoltre, la comparsa di patogeni resistenti contemporaneamente a più antibiotici (multidrug-resistance) riduce ulteriormente la possibilità di un trattamento efficace. È da sottolineare che questo fenomeno riguarda spesso infezioni correlate all’assistenza sanitaria, che insorgono e si diffondono all’interno di ospedali e di altre strutture sanitarie.

L’AMR (Antimicrobial resistance) oggi è uno dei principali problemi di sanità pubblica a livello mondiale con importanti implicazioni sia dal punto di vista clinico (aumento della morbilità, della mortalità, dei giorni di ricovero, possibilità di sviluppo di complicanze, possibilità di epidemie), sia in termini di ricaduta economica per il costo aggiuntivo richiesto per l’impiego di farmaci e di procedure più onerose, per l’allungamento delle degenze in ospedale e per eventuali invalidità. Negli ultimi decenni, organismi internazionali, quali l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) e il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (European Centre for Disease Prevention and Control, ECDC) hanno prodotto raccomandazioni e proposto strategie e azioni coordinate atte a contenere il fenomeno, riconoscendo l’AMR come una priorità in un ambito sanitario.

AMR E CAMBIAMENTI CLIMATICI
L’antimicrobico-resistenza (AMR) e i cambiamenti climatici sono assurti a rappresentare i rischi principali per la salute, a livello globale. Si valuta che oltre la metà delle patologie infettive umane a diffusione mondiale possano essere aggravate dai cambiamenti climatici. Questi possono avvicinare gli agenti patogeni alle persone: il riscaldamento e i cambiamenti delle precipitazioni, ad esempio, sono associati all’espansione di vettori come zanzare, zecche, pulci, uccelli e diversi mammiferi implicati in epidemie. Le modificazioni climatiche possono anche agire avvicinando le persone agli agenti patogeni. Le ondate di caldo, ad esempio, aumentano le attività legate all’acqua; gli eventi meteorici estremi portano a inondazioni, spostamenti di popolazione e sovraffollamento, che è associato all’aumento dei tassi di infezione; le inondazioni inoltre possono provocare la diffusione di infezioni trasmesse dall’acqua a causa dello straripamento del sistema fognario o della contaminazione da parte del bestiame; gli inquinanti inducono l’espressione di geni di resistenza agli antibiotici e la mutagenesi batterica. Infine, il riscaldamento può favorire aspetti riproduttivi dei patogeni e una maggiore virulenza, oltre a aumentare la suscettibilità umana alle malattie infettive.

L’innalzamento delle temperature, oltre all’aumento dei tassi di crescita batterica determina una maggiore efficienza del trasferimento genico orizzontale, strettamente collegato alla diffusione della resistenza antimicrobica. Un’indagine condotta negli Stati Uniti ha rilevato che a un incremento di 10°C nella media delle temperature minime corrisponde un aumento dell’AMR del 4,2% in E. coli, del 2,2% in K. pneumoniae e del 2,7% in S. aureus. Questi dati sono confermati in uno studio successivo condotto in Europa: la differenza geografica della temperatura in Europa spiega almeno parte delle differenze nei tassi di resistenza ai carbapenemi in K. pneumoniae, alla meticillina in S. aureus e MDR E. coli.

La probabilità di rilevare resistenza ai carbapenemi in Acinetobacter diminuisce, sempre in Europa, all’aumentare della distanza dall’equatore, in misura del del 7% per ogni grado di latitudine. In condizioni sperimentali è stato osservato che la temperatura è uno dei più potenti modificatori del ritmo di crescita batterica e può portare sia ad aumento della trasmissione di stipiti resistenti tra uomini e animali, che all’aumento della crescita batterica nel suolo con trasmissione di AMR da cibo e fonti ambientali.

La prevenzione e la gestione attenta dell’antibiotico- resistenza con un approccio integrato possono aiutare ad affrontare efficacemente questa minaccia crescente. In questo contesto l'introduzione di soluzioni innovative può fare la differenza, contribuendo a migliorare i risultati terapeutici e a contenere la diffusione di ceppi resistenti.

L'USO DI POSTBIOTICI STA GUADAGNANDO ATTENZIONE COME POSSIBILE ALLEATO NELLA GESTIONE DELL'ANTIBIOTICO-RESISTENZA.
I postbiotici grazie alle loro proprietà antinfiammatorie, antimicrobiche e immunomodulanti possono svolgere un ruolo chiave nel supportare l'ecosistema microbico intestinale, prevenire la proliferazione di patogeni resistenti e migliorare la risposta alle infezioni.

Studi recenti suggeriscono che i postbiotici possano aiutare a ridurre l'incidenza di infezioni nosocomiali, migliorare la gestione delle infezioni antibiotico-resistenti e favorire un recupero più rapido del microbiota intestinale durante e dopo i trattamenti antibiotici. Questo approccio innovativo rappresenta una risorsa strategica per affrontare la crescente minaccia dell'antibiotico-resistenza e migliorare i risultati clinici a lungo termine.

I termini “prebiotici,probiotici, postbiotici, psicobiotici” sono ormai entrati nel gergo comune e indicano quei microrganismi che si dimostrano in grado, una volta ingeriti in adeguate quantità, di esercitare funzioni benefiche per l'organismo. Per completezza di definizione, alimenti/integratori con probiotici sono quegli alimenti che contengono, in numero sufficientemente elevato, microrganismi probiotici vivi e attivi, in grado di raggiungere l'intestino, moltiplicarsi ed esercitare un'azione di equilibrio sulla microflora intestinale mediante colonizzazione diretta.

Si tratta quindi di alimenti in grado di promuovere e migliorare le funzioni di equilibrio fisiologico dell'organismo attraverso un insieme di effetti aggiuntivi rispetto alle normali attività nutrizionali. In altri termini, sono stati identificati numerosi ceppi di “batteri buoni”, per lo più appartenenti alle specie Bifidobacterium e Lactobacillus, che permettono di ripristinare l’equilibrio della microflora intestinale rivelandosi utili in disturbi intestinali (classicamente gastroenterite, sindrome dell’intestino irritabile, diarrea da antibiotici) come pure extraintestinali. I probiotici, in effetti, agiscono attraverso vari meccanismi, tra cui si possono ricordare: la produzione di sostanze antimicrobiche, che contrastano cioè la crescita di altri microrganismi, la competizione con i germi patogeni, di cui riducono l’adesione alla mucosa intestinale, la riduzione del pH, un effetto sulla motilità intestinale, la riduzione dell’infiammazione locale (effetto antinfiammatorio), il rafforzamento delle giunzioni tra le cellule intestinali (riduzione della permeabilità intestinale e aumento della funzione barriera) e la stimolazione delle difese naturali.

Da circa una decina d’anni a questa parte, è stato introdotto il concetto di postbiotici, per distinguere i microorganismi vivi (es. probiotici) da preparati biologicamente attivi contenenti microorganismi morti e i loro metaboliti, quali enzimi, vitamine, amminoacidi. Si sono succedute definizioni varie di postbiotici, la più recente e forse esaustiva è quella della ISAPP (International Scientific Association of Probiotics and Prebiotics) del 2021, che definisce postbiotico una “preparazione di microrganismi inanimati e/o loro componenti che conferisce un beneficio per la salute dell'ospite”.

Le proiezioni future sono allarmanti: entro il 2050 l’antibiotico resistenza potrebbe essere responsabile di circa 10 milioni di morti all’anno a livello globale. Questa previsione evidenzia l’urgenza di sviluppare e implementare strategie terapeutiche alternative, come l’uso di postbiotici, per contrastare l’avanzamento di questo fenomeno. In conclusione, l'utilizzo di terapie personalizzate ed integrate basate su prebiotici, probiotici e postbiotici appare poter essere un'attraente e promettente strategia terapeutica e preventiva nella medicina moderna e una possibile soluzione innovativa che può fare la differenza, contribuendo a contenere la diffusione di ceppi resistenti.

FONTI:
• https://tindal.it
• https://www.ars.toscana.it/images/pubblicazioni/Collana_ARS/2024/Documento_ATB-resistenza_2023xweb.pdf
• https://www.epicentro.iss.it/antibiotico-resistenza/resistenza
• https://www.iss.it/documents/20126/0/21-3+web.pdf/ad2152a4-5871-18ad-df26-4164980faf90?t=1616404472633
• https://www.aifa.gov.it/documents/20142/2604032/Dossier_stampa_AIFA_Antibiotico-resistenza_2024.pdf



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