ECONOMIA e FINANZA
Comunicato Stampa

Italia, stretta fiscale sulle piattaforme online

Chiesto oltre 1 miliardo di euro di IVA a Meta, LinkedIn e X. Secondo l’Agenzia delle Entrate, anche l’accesso gratuito è un servizio imponibile: si apre un possibile precedente per tutta l’Unione Europea

FotoL’Agenzia delle Entrate ha notificato richieste di pagamento per oltre un miliardo di euro a tre colossi del web: Meta (società madre di Facebook e Instagram), LinkedIn e X (ex Twitter). Al centro del contendere, secondo quanto riportato dall’agenzia Reuters, vi sarebbe il mancato versamento dell’IVA relativa agli anni 2015-2022, con particolare attenzione ai periodi ormai prossimi alla prescrizione, ovvero 2015 e 2016.

La novità non riguarda tanto l’entità delle somme – 887,6 milioni di euro per Meta, circa 140 milioni per LinkedIn e 12,5 milioni per X – quanto il principio fiscale che l’Italia intende affermare: la gratuità dell’accesso alle piattaforme non esclude l’imponibilità del servizio offerto. Secondo l’interpretazione dell’Agenzia delle Entrate, la registrazione degli utenti in cambio dell’uso gratuito rappresenterebbe un vero e proprio scambio economico, in cui i dati personali forniti dagli utenti costituiscono una contropartita di valore, utilizzata dalle piattaforme per finalità pubblicitarie.

Si tratterebbe dunque, secondo il fisco italiano, di una prestazione di servizi soggetta a IVA, in linea con la normativa europea sull’imposta sul valore aggiunto. Un’impostazione che, se confermata, potrebbe costituire un precedente rilevante a livello comunitario, con effetti potenzialmente estesi a tutte le piattaforme – anche non tecnologiche – che raccolgono dati personali come contropartita implicita per un servizio apparentemente gratuito.

La posizione dell’Italia apre dunque un nuovo fronte nel dibattito sulla tassazione dell’economia digitale. La questione supera i confini nazionali: l’IVA è un’imposta armonizzata a livello UE, e una simile interpretazione potrebbe richiedere un aggiornamento normativo condiviso tra gli Stati membri.

Dal canto suo, Meta ha dichiarato il proprio dissenso rispetto alla tesi che l’accesso gratuito possa costituire una base imponibile IVA, pur confermando la volontà di collaborare con le autorità italiane. Nessuna dichiarazione ufficiale, al momento, da parte di LinkedIn e X.

Le società coinvolte avranno ora 60 giorni di tempo per replicare alle contestazioni. In caso di mancato accordo, si aprirà un contenzioso che potrebbe protrarsi per anni. Intanto, l’Italia si propone come apripista in un processo che potrebbe ridefinire le regole fiscali del digitale a livello europeo.

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