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Comunicato Stampa

Inquinamento da PFAS negli acquedotti italiani

PFAS presenti nel 79% dei campioni di acqua potabile analizzati da Greenpeace Italia nell’ambito dell’indagine indipendente “Acque Senza Veleni”. E’ il risultato della recente indagine che conferma un timore da brividi: non esiste territorio nel nostro Paese che sia esente da contaminazione da PFAS (sostanze chimiche poli- e per- fluoroalchiliche).

FotoL’organizzazione ambientalista, che tra settembre e ottobre 2024 ha raccolto campioni in 235 città di tutte le Regioni e le province autonome, ha presentato a Roma la prima mappa della contaminazione da PFAS nelle acque potabili in Italia.

Le molecole più diffuse sono risultate, nell’ordine, il cancerogeno PFOA (nel 47% dei campioni), seguito dal composto a catena ultracorta TFA (in 104 campioni, il 40% del totale, presente in maggiori quantità in tutti quei campioni in cui è stato rilevato) e dal possibile cancerogeno PFOS (in 58 campioni, il 22% del totale).

L’analisi dei 260 campioni dimostra una diffusa presenza di questi composti pericolosi, con almeno tre campioni positivi per ogni Regione, eccezion fatta per la Valle d’Aosta in cui sono stati prelevati solo due campioni.

Livelli elevati si registrano in Lombardia (ad esempio in quasi tutti i campioni prelevati a Milano) e in numerosi comuni del Piemonte (Torino, Novara, alcuni comuni dell’alessandrino, ma anche Bussoleno in Valle di Susa), del Veneto (anche in comuni fuori dall’area rossa già nota per essere tra le più contaminate d’Europa, come Arzignano, Vicenza, Padova e Rovigo), dell’Emilia-Romagna (Ferrara, Comacchio, Reggio Emilia), della Liguria (Genova, Rapallo, Imperia), della Toscana (Arezzo, Lucca, Prato), della Sardegna (Olbia, Sassari e Cagliari) e Perugia in Umbria.

Nonostante l’Italia ospiti alcuni dei più gravi casi di contaminazione dell’intero continente europeo (in parti del Veneto e del Piemonte) a oggi i controlli sui PFAS nelle acque potabili sono per lo più assenti o limitati a poche aree geografiche. Secondo le evidenze raccolte da Greenpeace Italia con la campagna “Acque senza veleni”, milioni di persone nel nostro Paese hanno ricevuto nelle loro case acqua contaminata da alcuni PFAS classificati come cancerogeni, la cui presenza è considerata inaccettabile in molte nazioni. Infatti, confrontando i risultati con i limiti vigenti in altri Paesi, dalla raccolta dati di Greenpeace è emerso, ad esempio, che il 41% dei campioni analizzati supera i parametri danesi e il 22% supera i valori di riferimento negli Stati Uniti.

Nell’ambito delle sue analisi indipendenti, Greenpeace Italia ha inoltre verificato la presenza nelle acque potabili italiane del TFA, la molecola del gruppo dei PFAS più diffusa sul pianeta, per cui nel nostro Paese non esistono dati pubblici. Il TFA è una sostanza persistente e indistruttibile ancora oggetto di approfondimenti scientifici che, per le sue stesse caratteristiche, non può essere rimossa mediante i più comuni trattamenti di potabilizzazione. Il comune di Castellazzo Bormida (AL) ha mostrato i valori più elevati (539,4 nanogrammi per litro), seguito da Ferrara (375,5 nanogrammi per litro) e Novara (372,6 nanogrammi per litro). Concentrazioni molto alte si registrano anche ad Alghero (SS), Cuneo, Sassari, Torino, Cagliari, Casale Monferrato (AL) e Nuoro. La Sardegna (77% dei campioni positivi), il Trentino Alto Adige (75% dei campioni positivi) e il Piemonte (69% dei campioni positivi) sono le Regioni in cui la contaminazione da TFA è risultata essere più diffusa.

CHE COSA SONO I PFAS E PERCHÉ SONO PERICOLOSI
I primi utilizzi di queste sostanze risalgono al secolo scorso, più precisamente nel 1930, quando la multinazionale americana 3M e la società connazionale DuPont iniziano a produrre il politetrafluoroetilene (PTFE), messo in commercio con il nome Teflon®. Da questo momento la produzione di tali sostanze ha avuto una crescita mondiale sostenuta, dettata dal fatto che le ottime proprietà chimiche permettono l’applicazione in molteplici settori: dalla produzione di pentole antiaderenti ad abbigliamenti impermeabili ed ignifughi, vernici, materiali isolanti per gli imballaggi e l’elettronica. Alcuni PFAS sono utilizzati per impermeabilizzare tessuti e rivestimenti, ma anche in prodotti come teli e camici chirurgici per renderli resistenti alle macchie. Tuttavia, queste stesse proprietà rendono i PFAS altamente persistenti nell’ambiente e nell’organismo umano, causando gravi conseguenze per la salute. L’esposizione ai PFAS è stata associata a numerosi effetti negativi sulla salute, tra cui problemi al fegato, malattie tiroidee, complicazioni riproduttive e un aumento del rischio di alcuni tipi di cancro.

Nonostante queste sostanze siano state dapprima considerate inerti, recentemente si è verificato che lo sversamento di PFAS nel suolo con conseguente percolazione nelle acque rappresenta un rischio enorme in termini di esposizione per l’essere umano. La somministrazione di acque contaminate e cibi cresciuti a contatto con questi composti ha infatti mostrato come il trasferimento nei vari livelli trofici abbia portato al bioaccumulo e alla biomagnificazione lungo la catena alimentare. Anche per queste ragioni, la maggior parte dei composti fluorurati sono stati identificati come sostanze PBT (Persistenti Bioaccumulabili e Tossiche) secondo il regolamento REACH.

Anche gli alimenti che spesso troviamo sulle nostre tavole, come pasta, riso, carote, patate e manzo, quando cucinati in acqua contaminata da PFAS (composti per- e polifluoroalchilici), possono diventare una fonte di questi inquinanti nella nostra dieta. Lo rivelano gli esiti di altre indagini di laboratorio condotte da GREENPEACE ITALIA E CNR-IRSA SU ALIMENTI NON CONTAMINATI.

L’acqua potabile e gli alimenti sono fonti note di PFAS nella dieta umana. Ad oggi però non risultano indagini volte a valutare l’effetto della lessatura dei cibi in acqua contaminata come potenziale fonte di inquinamento degli alimenti.

I risultati della ricerca, seppur condotta su un numero limitato di campioni e partendo da livelli di contaminazione estremi dell’acqua impiegata nelle analisi, hanno evidenziato che la presenza di PFAS nei cibi cotti rispecchia generalmente la contaminazione dell’acqua di cottura pur con variazioni dovute al tipo di alimento: la pasta e il riso, ovvero gli alimenti che assorbono più acqua durante la cottura, mostrano i livelli più elevati di inquinanti, seguiti nell’ordine da patata, carota e manzo. Sebbene si tratti di uno studio preliminare, questi dati suggeriscono che l’uso di acqua contaminata nella preparazione e cottura degli alimenti ha un impatto significativo sull’esposizione umana ai PFAS, probabilmente anche superiore al consumo di prodotti agricoli coltivati in zone contaminate e consumati senza cottura.

PERCHÉ I PFAS DEVONO ESSERE VIETATI

• L'uso diffuso dei PFAS ha creato un'eredità tossica irreversibile di contaminazione globale.
• L'inquinamento da PFAS sta già colpendo le comunità in tutta Europa e oltre.
• I PFAS si accumulano nel nostro corpo e in quello dei nostri figli.
• L'esposizione ai PFAS rappresenta una minaccia immediata per la salute umana.
• L'inquinamento da PFAS sta alimentando la crisi della biodiversità.
• L'inquinamento da PFAS è una minaccia per la nostra acqua potabile.
• La presenza di PFAS nei prodotti crea un ostacolo all'economia circolare e un problema di rifiuti, ancora da risolvere.
• Esistono già soluzioni prive di PFAS, ma i PFAS continuano a essere aggiunti inutilmente a molti prodotti di consumo.
• Tutti i PFAS devono essere limitati come un unico gruppo per proteggere le generazioni attuali e future.

ZEOLITE e PFAS
La Dottoressa Mancinelli dell’Università di Ferrara ha studiato le potenzialità di materiali microporosi di origine naturale e/o sintetica quali le zeoliti come adsorbenti ecocompatibili, efficienti e rigenerabili per purificare le acque contaminate da sostanze perfluoroalchiliche (PFAS). Nella ricerca, la Dottoressa Mancinelli dimostra come le zeoliti dotate di struttura cristallina e microporosa, possono essere efficacemente utilizzato per purificare le acque contaminate da sostanze perfluoroalchiliche (PFAS).

DEGRADAZIONE FUNGINA
Il micorisanamento è una tecnica biologica che prevede l’utilizzo di funghi come decompositori di sostanze inquinanti in quanto, svolgendo ruoli chiave nell’ecosistema come riduttori, sono in grado di trasformare composti complessi in sostanze più semplici utili al loro metabolismo o di cederle, tramite simbiosi, ad altri organismi. In effetti i funghi costituiscono parte attiva nei cicli geochimici degli elementi. Il loro impiego è stato segnalato per esempio per la rimozione di policlorobifenili (PCB), antibiotici e insetticidi come il para-diclorodifeniltricloroetano (DDT) (Zhao et al., 2019).

Uno studio americano ha fornito alcune informazioni sulla biodegradazione di un particolare PFAS, il FTOH 6:2, che è un fluorotelomero alcolico precursore degli acidi carbossilici fluorurati come il PFOA. I risultati mostrano che il fungo lignivoro Phanerochaete chrysosporium, attraverso la somministrazione anche di altri nutrienti, è stato in grado di trasformare il 6:2 FTOH principalmente in acido 5:3 (efficienza del 32-43%) e in altri sottoprodotti quali PFHxA, 6:2 FTCA, 5:2 Ketone e PFBA.

Lo stesso esperimento è stato condotto con altre tipologie di funghi quali Gloeophyllum trabeum e Trametes versicolor, ma in questi casi la percentuale di biodegradazione in acido 5:3 e nei medesimi sottoprodotti è stata decisamente inferiore, con un’efficienza rispettivamente del 23% e del 6%. Per quanto riguarda invece la trasformazione dei prodotti ottenuti come l’acido perfluoroesanoico o perfluorobutanoico ad oggi la letteratura scientifica non offre risultati che permettono un’attenzione approfondita su questo metodo (*)

FONTI:
• https://www.irsa.cnr.it/wp/?p=6592
• https://www.greenpeace.org/italy/comunicato-stampa/26177/greenpeace-presenta-la-prima-mappa-della-contaminazione-da-pfas-delle-acque-potabili-italiane/
• https://www.unife.it/it/notizie/2023/persone/premio-assoreca-dottorato-mancinelli
• https://www.arpa.veneto.it/++api++/temi-ambientali/acque-interne/sostanze-perfluoro-alchiliche-pfas
• https://www.regione.veneto.it/web/sanita/pfas
• (*) Zhiming Zhang; Dibyendu Sarkar; Jayanta Kumar Biswas; Rupali Datta, Biodegradation of per- and polyfluoroalkyl substances (PFAS): A review, 2021, 2-5




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