Formazione manageriale: come affrontare la crisi secondo Leonardo Frontani
Gli uomini a volte sono come le tartarughe. Devono uscire da dentro ed andare fuori. Uscire, magari solo per fare una passeggiata per poi rendersi conto che andare fuori in realtà significa un andar dentro (Muir).
Mi hanno sempre colpito le tartarughe. Per essere precisi parliamo delle testuggini terrestri, quelle simpatiche a scacchi che per la gente della mia età una volta si acquistavano da quegli omini che le tenevano in un cartone fuori da un grande magazzino. Le tartarughe, pesanti e goffe, abituate per biologia a portarsi dietro la loro zona di comfort, il solido carapace, sono capaci di scalare muretti e reti di recinzione per andare fuori. Ma fuori da che ?
Possiamo ammettere che questi animali abbiano la capacità di concepire un dentro ed un fuori ?
Eppure chi ne ha avute in casa, sa che non c’è scatola, giardino, balcone, in grado di fermarle. Con le loro unghiette primitive scalano proprio tutto portandosi dietro casa e mobili.
Strano animale. Ha un balcone a disposizione anche carino se vogliamo, ha l’acqua ed una bella lattughina, ma qualcosa la rende inquieta. Deve relazionarsi con il fuori, sempre nel suo lento procedere si dirige verso il limite, il confine. La mia volò dal quarto piano. A parte che ancora oggi non mi spiego come fece a passare tra le sbarre, purtroppo si lanciò nel vuoto. Non ho mai pensato avesse tentato il suicidio. Mai ho concepito quel gesto come la fuga di un prigioniero disposto a tutto. E’ strano. La mia preistorica amica sopravvisse. Non so come fu possibile, magari esistono anche gli angeli custodi di questi animali. Il fatto è che riallestito quel balcone con una rete di 60 cm…bè la mia amica fece un altro salto e questa volta…
Gli uomini a volte sono come le tartarughe. Devono uscire da dentro ed andare fuori. Uscire, magari solo per fare una passeggiata per poi rendersi conto che andare fuori in realtà significa un andar dentro (Muir). Uscire dalla propria zona di comfort significa abbandonare la routine ed i meccanismi che ci assicurano che le cose sono “abbastanza” sotto il nostro controllo. Nella zona di comfort, area mentale, le nostre credenze sono la legge che rende la vita sicura o perlomeno sperimentata. Alcuni decidono di uscire dalla zona di comfort. Rompono le catene che si sono messi da soli e si lanciano come la mia amica tartaruga. E’ affascinante questa azione di liberazione, di andare oltre e rompere gli schemi, ma non è ciò che mi sento di suggerire. Uscire dalla zona di comfort può essere difficile e doloroso. Può intaccare le relazioni che abbiamo con gli altri e farci cadere in trappole emotive inseguendo chimere dal sapore mitologico. Conosco alcune persone che come me temono la routine; questi si lanciano sempre senza scialuppa di salvataggio o se preferite senza paracadute. Vivono la vita con energia e costruiscono ogni cosa sulle proprie capacità e sui propri desideri. Anche a queste persone non mi sento di esternare il mio plauso. Sono viaggiatori che si muovono leggeri e che poco rispettano le regole di base della società. Piuttosto, auspico che le persone siano orientate, dalla scuola, dalla famiglia, dal mondo del lavoro e quindi dai formatori, ad allargare all’infinito la propria “area sicura”. Impariamo ad includere l’ignoto nella nostra zona di comfort e fare di tutte le cose esperienza ed a trasformare le relazione in conoscenza. Dobbiamo addestrarci a muoverci meglio in una ambiente ostile, che di ostile non avrà quasi più nulla nel momento in cui saremo disponibili a relazionarci con ciò che non conosciamo e abbiamo categorizzato come “alieno”. Comprendere con maggiore sensibilità la diversità degli altri, concepire gli accadimenti sempre come opportunità: “mi è successo questo, come posso utilizzare ‘sta cosa per crescere ancora un po’ ?”
Saluto la mia tartaruga che forse da lassù mi guarda e mi ammonisce di non restare mai dentro quando fuori esistono milioni di altre verità con cui confrontarsi.
Leonardo Frontani
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