Scuola di italiano a Cuba
Mirko Tavosanis, della prestigiosa Università Icon (Italian Culture On Net) sta pensando di avviare una scuola di cultura italiana a Cuba.
Cuba
Una identità in movimento
Appunti per una storia dell'italianistica a Cuba
Giampietro Schibotto, Università dell'Avana
1. Il contesto economico, sociale e culturale
Nel lontano 1934, il Professor Aurelio Boza Masvidal, senza dubbio il più qualificato e insigne italianista cubano di ogni tempo, annotava nel discorso inaugurale per l'apertura della Società Italo-Cubana di Cultura:
"Tutto un vasto piano di diffusione culturale anima questa istituzione, i cui nobili fini di sicuro avranno la virtù di attrarre gli spiriti più scelti nel suo seno, per studiare e conoscere le grandi figure rappresentative di Cuba e d'Italia, per analizzare i grandi problemi dell'arte, della filosofia e della scienza... "[1].
In realtà questa nobile e lodevole aspirazione rimase sul piano delle buone intenzioni, e lo stesso Aurelio Boza Masvidal, che pure fu non solo un vero e proprio erudito e filologo della letteratura italiana ma anche un maestro di cultura e un esempio di professionalità, fu tuttavia una figura isolata, che non riuscì a rompere i condizionamenti di un contesto storico e socioeconomico sfavorevole allo sviluppo dell'italianistica nell' "Isla Grande" dei Caraibi.
A Cuba infatti l'emigrazione italiana è sempre stata un fatto del tutto sporadico e insignificante, in nulla paragonabile ai grandi alvei dei flussi migratori dalla Penisola mediterranea, come furono l'Argentina o il Brasile. Anche le relazioni economiche e commerciali furono sempre marginali e poco significative, debolissima la presenza di una comunità italiana in loco, conseguentemente deboli, discontinui e poco incisivi i nostri rapporti culturali. Tutto ciò non significa che nello svolgersi della storia cubana non si incontri qualche italiano che assunse anche ruoli di rilievo sul piano culturale, dall'architetto militare Antonelli, al letterato e poeta Bernardino Veglia, dallo stesso Antonio Meucci che proprio all'Avana fece i primi esperimenti di trasmissione elettrica della voce umana, fino agli agronomi Mario Calvino e Giovanni Silvestri. D'altra parte non mancarono cubani anche illustri che soggiornarono in Italia e ne ricevettero un forte influsso culturale: in questo caso valga per tutti l'esempio dell'antropologo ed etnologo Fernando Ortiz che visse a Genova e ebbe come maestro lo stesso Lombroso. Nello stesso modo si potrebbe ricordare l'impatto della grande musica operistica italiana, la presenza di artigiani marmisti italiani nella costruzione di palazzi privati come anche di importanti edifici pubblici, ecc.
Si tratta comunque di figure e presenze episodiche, sporadiche, che non lasciano tracce durature e profonde. La "cubanía" è il risultato splendido di un meticciato culturale dove confluiscono soprattutto due tronconi fondamentali: quello spagnolo e quello africano. Tutto il resto, compreso l'apporto italiano, è contorno, fregio, ornamento, ma non sostanza costitutiva dell'identità culturale dell'Isola.
Il trionfo della Rivoluzione del '59 determina un ulteriore diradarsi dei rapporti commerciali, turistici, politici e conseguentemente anche culturali tra Italia e Cuba. Mano a mano che la stessa Rivoluzione acquista caratteri socialisti, l'asse delle relazioni geopolitiche, economiche e culturali sposta il suo baricentro verso l'area del blocco sovietico. È in questo contesto che sorge a Cuba un'eccellente scuola non solo di russisti, ma anche di germanisti e di slavisti e si moltiplicano le relazioni culturali con tutti i paesi dell'Est.
In questi anni la lingua e la cultura italiane praticamente scompaiono dall'orizzonte cubano, con la sola eccezione del cinema, settore in cui invece i rapporti si infittiscono anche con veri e propri progetti di cooperazione[2]. Ma per il resto era il deserto, salvo la presenza di alcune isolate figure che resistevano in una condizione di isolamento ed emarginazione, come il recentemente scomparso Professor Manuel Sanchez Pertierra, docente di italiano nella "Escuela de Idiomas Abraham Lincoln" dell'Avana. Basti soltanto annotare che in nessuna università di Cuba si impartivano corsi di lingua italiana e meno che mai corsi di letteratura italiana.
Il fatto politico nuovo, che avrà notevoli ricadute anche sul piano culturale, è il crollo, nell'89 dei regimi socialisti dell'ex blocco sovietico. Il rapidissimo deterioramento delle relazioni economiche di Cuba con l'Europa dell'Est e con l'URSS alla fine degli anni '80, obbliga a un riorientamento accelerato del commercio estero cubano, motivo per cui i vincoli che fino ad allora erano stati complementari divennero centrali, come quelli con i paesi dell'Europa Occidentale, tra cui l'Italia presto giunge a occupare un ruolo da protagonista. Oggi l'Italia è per Cuba l'ottavo partner per importanza a livello mondiale e il terzo a livello europeo, il secondo paese per numero di turisti (circa duecentomila italiani all'anno visitano l'Isola), il primo per quanto concerne le entrate monetarie sempre nel settore turistico. D'altro lato operano ben 32 imprese economiche italiane, soprattutto nel campo delle telecomunicazioni, dell'industria leggera, dell'industria alimentare e del turismo (Telecom, Fiat, Benetton, ecc.). Aumentano anche le relazioni di cooperazione, le "jointventures", gli investimenti immobiliari, le collaborazioni interuniversitarie, ecc. Conseguentemente anche le relazioni politiche bilaterali si sono infittite e riqualificate, fino a sfociare nella visita a Cuba del Ministro degli Esteri italiano Lamberto Dini, nel 1997, seguita poi negli anni successivi da missioni di vari sottosegretari, deputati e senatori, presidenti regionali, rappresentanti delle camere di commercio italiane, autorità locali. In conclusione, si può sottosrivere che
"... nell'ultimo decennio fattori come il turismo, la creazione di imprese economiche miste, il moltiplicarsi delle relazioni commerciali e politiche, così come il consolidarsi della cooperazione governativa e non governativa, hanno acquistato un impeto inusuale e sconosciuto nei tempi precedenti"[3].
Proprio questo moltiplicarsi accelerato delle relazioni economiche, commerciali, turistiche e politiche, ha impresso in questi ultimi anni una nuova dinamica all'interesse per la lingua e la cultura italiana, accrescendo in pochissimo tempo in forma esponenziale il bacino d'utenza. Studenti, operatori turistici e culturali, personale delle imprese produttive e commerciali, professionisti, intellettuali, rappresentanti istituzionali: sono sempre di più i cubani che chiedono qualificati corsi per l'apprendimento dell'italiano e, direttamente o indirettamente, anche la possibilità di avvicinarsi alla conoscenza del nostro patrimonio culturale.
Le linee di tendenza fanno pensare al consolidarsi di questi processi indicano medio periodo e consentono un'analisi diagnostica e prognostica non solo congiunturale, ma di più ampia prospettiva.
2. L'insegnamento della lingua italiana a Cuba
Tutto ciò, se da un lato ci spiega la sostenuta crescita della domanda formativa per quanto riguarda la lingua italiana, d'altro lato già in prima battuta ci consente di individuare due caratteristiche fondamentali del processo a cui stiamo assistendo.
La prima di queste caratteristiche riguarda il carattere eminentemente strumentale con cui i cubani si avvicinano alla nostra lingua. In altre parole, nel contesto cubano, l'italiano non viene percepito come una "lingua di cultura" e nemmeno come una "lingua etnica"[4]. Questo ovviamente non significa che non ci siano casi di intellettuali e di operatori culturali che studiano l'italiano con intenzioni essenzialmente formative, legate alla possibilità di fruire direttamente di opere culturali che si considerano di tale valore da meritare lo sforzo di apprendimento della lingua in cui sono state scritte. Così non mancano discendenti di italiani, di prima e di seconda generazione, che cercano nella nostra lingua un recupero delle loro radici e sono mossi da ragioni prevalentemente affettive e di ricostruzione dell'identità del gruppo familiare nella sua linearità plurigenerazionale (lingua etnica). Ma si tratta, appunto, di casi, di episodi sporadici. Dei circa tremila studenti di italiano che ci sono oggi a Cuba, il 90% si è avvicinato a questa lingua per ragioni, come dicevamo, strumentali, legate alle opportunità occupazionali, soprattutto nel turismo, e in parte a speranze migratorie spesso collegate a loro volta alla formazione di coppie miste italo-cubane[5]. Questo carattere strumentale del profilo motivazionale dello studente di italiano a Cuba, se da un lato rappresenta una forte carica didattica per l'apprendimento, dall'altro pone il problema di come arricchire questa intenzionalità eminentemente pragmatica, inserendovi progressivamente approcci valorativi anche delle componenti culturali e più in generale formative.
La seconda caratteristica dei processi sopra descritti riguarda la discronia tra i ritmi dei processi politici e socioeconomici che determinano un accelerato ampliamento del bacino d'utenza e i tempi, lenti e difficoltosi, del reperimento delle risorse logistiche, librarie, didattiche e della formazione delle risorse docenti capaci di rispondere a questa accresciuta domanda di insegnamento della lingua italiana. Infatti, a fronte di tutti i velocissimi processi modificativi che in pochi anni hanno posto l'italiano tra le lingue protagoniste nella gerarchia di appetibilità, l'offerta educativa, promozionale e divulgativa ha stentato a tenere il passo e spesso si è trovata costretta a rispondere in forma occasionale, approssimativa e con visibili carenze tanto sul piano quantitativo come su quello qualitativo. Ritorneremo ad analizzare questo problema in forma più analitica successivamente, ma ci premeva anticiparlo come uno degli aspetti più qualificanti del quadro che stiamo tentando di ricostruire.
Quali sono state comunque le grandi tappe nella storia dell'insegnamento dell'italiano a Cuba?
Prima del trionfo della Rivoluzione nel 1959 non esisteva nessuna istituzione statale che impartisse corsi di lingua italiana. Nei decenni '40 e '50 esisteva invece un organismo privato, conosciuto come Centro Culturale Italo-Cubano in cui si organizzarono anche corsi di italiano. Ci fu anche l'esperimento di un corso via radio, con la stazione CMZ, anticipando quello che di lì a pochi anni si sarebbe fatto con l'insegnamento della lingua russa. Infine, organizzava corsi di italiano, seppure in forma sporadica e discontinua, anche il Centro Culturale Cubano-Americano, di cui si ricordano ancora i professori Aldo De Ricci e Giuseppe Zanardo. In ogni caso erano esperienze isolate e di scarsissimo peso quantitativo, frutto più della passione di qualche isolata figura che non di una qualche programmazione culturale.
Dopo la Rivoluzione, nel 1961 si crea la "Academia Popular Abraham Lincoln", che si sarebbe progressivamente trasformata nella prima vera e propria scuola di lingue del nuovo governo rivoluzionario. Si cominciano anche a programmare alcuni corsi di italiano, prima con la compianta Giannina Bertarelli e poi con il già ricordato Manuel Sanchez Pertierra. Allora e per molti anni si trattò di un lavoro marginale, quasi catacombale, svolto in condizioni molto severe per quanto riguarda la ristrettezza dei mezzi a disposizione. Poi, dopo la svolta degli ultimi anni ottanta, anche in queste scuole, che nel frattempo si erano organicamente collegate al Ministero dell'Educazione, i corsi di italiano si moltiplicano vertiginosamente. Oggi si insegna la nostra lingua in almeno 25 scuole del Sistema di Formazione degli Adulti, scuole che hanno anche il merito di essere disseminate non solo nelle zone centrali della capitale, ma anche nei quartieri periferici e nelle città di provincia. Vi insegnano circa 40 professori, con un'utenza annuale di circa 1500 studenti.
Nel frattempo la lingua italiana filtra se non nella cultura almeno nell'immaginario quotidiano dei cubani attraverso il successo che hanno le canzoni di Domenico Modugno, di Rita Pavone, di Sergio Endrigo e soprattutto i film prima della stagione neorealista e poi della fase classica della commedia all'italiana[6].
Nel 1970 si crea la Scuola di lingue di Matanzas, che però non funziona permanentemente. Questo tuttavia è un precedente importante, dal momento che nella provincia di Matanzas si trova la località di Varadero, oggi uno dei più importanti poli turistici del paese, e conseguentemente uno dei centri più significativi per quanto riguarda la presenza di italiani, turisti, ma anche operatori alberghieri, personale di agenzie di viaggio, ecc.
Nello stesso anno si crea l'ISA, Instituto Superior de Artes, in cui si organizza anche un corso di italiano, tuttora funzionante, destinato soprattutto ai cantanti lirici.
A partire dagli anni '90, e convertendosi il turismo in una delle princiali industrie del paese caraibico, la prima attività economica quanto a capacità di attrarre moneta forte, ossia dollari, il Ministero del Turismo crea un vero e proprio sistema di scuole per operatori turistici, denominato FORMATUR, al cui interno vengono impartiti anche corsi di lingue, tra cui l'italiano. Ci sono attualmente almeno una quindicina di scuole di questo tipo dove si insegna italiano, con un corpo docente complessivo di circa 18 professori.
Un discorso a parte merita la Facoltà di Lingue Straniere dell'Università dell'Avana, dove fino al 1990 non si insegnava italiano, ma inglese, francese e soprattutto tedesco e russo, oltre a vari altri idiomi minori dell'area slava, quali il bulgaro o il ceco. Soprattutto per quanto riguarda il russo la Facoltà poteva e può contare su eccellenti specialisti, docenti e ricercatori che spesso avevano avuto l'opportunità di frequentare per anni università sovietiche e che avevano accumulato notevolissime competenze ed esperienze. Il crollo del blocco sovietico si ripercuote a Cuba con un brusco calo della domanda formativa per quanto riguarda il russo e con l'emergere di un nuovo tipo di richiesta orientata verso altre lingue, tra cui l'italiano. Ma non esisteva praticamente nulla con cui rispondere a questa improvvisa variazione, mancavano i materiali librari e i supporti didattici, e soprattutto mancavano le risorse docenti. Fu così che a partire dai primi anni '90 un gruppo di professori di russo comincia a "riciclarsi" imparando l'italiano. All'inizio si tratta di un processo prevalentemente autodidattico, supportato in parte dall'aiuto, non continuativo tuttavia, di alcuni professori italiani, come Adriano Galliussi o Marco Mezzadri. Si riescono anche a ottenere alcune, poche, borse di studio per soggiorni in Italia, ma comunque la situazione si mantiene precaria, anche se si cominciano a organizzare corsi di italiano per gli studenti. A partire dall'anno 1998, nell'ambito dell'accordo culturale intergovernativo tra Italia e Cuba, viene finalmente istituito un Lettorato di Italiano alla Facoltà di Lingue Straniere, con la presenza costante e istituzionalmente definita di un professore italiano. Ciò ha sicuramente rappresentato un vero e proprio salto di qualità ed è stata l'occasione non solo per rinforzare il processo di formazione dei formatori, ma anche per riorganizzare e arricchire le risorse materiali a disposizione. Oggi l'italiano può essere scelto come seconda lingua in tutti i corsi di laurea, i docenti sono settimanalmente impegnati in un corso di aggiornamento professionale, si è attivato un corso di Storia della Letteratura Italiana, si sono potute ottenere varie possibilità per soggiorni di studio in Italia, e infine si è aperta un'aula di italianistica, dotata di una dignitosa biblioteca e anche di alcuni indispensabili teconologie didattiche multimediali e informatiche. Contemporaneamente dentro la facoltà funziona anche il Centro "Ramos La Tour", riservato alla formazione degli adulti, in cui vengono impartiti corsi di italiano di durata biennale.
Vi sono ancora altre due importanti istituzioni che si occupano dell'insegnamento dell'italiano. La prima è l'Union Latina, organismo internazionale, la cui sede centrale si trova a Parigi e che ha come scopo la valorizzazione e la diffusione delle lingue e delle culture latine. Nella sede cubana si organizzano da anni corsi di francese, di portoghese e anche di italiano. Vi si svolgono anche altre interessanti attività culturali e cicli di conferenze, spesso relazionate con la cultura del nostro paese. La seconda di queste istituzioni è il Comité Cubano della Società "Dante Alighieri", presieduta all'Avana dal Dottor Eusebio Leal Spengler, "Historiador de la Ciudad" e figura di altissimo rilievo nel panorama culturale dell'Isola. Anche in questo caso si promuovono corsi di lingua italiana, molto apprezzati e richiesti, nonché varie attività culturali intese a favorire la conoscenza dei vari aspetti della nostra cultura.
Ricordiamo, infine, che esiste all'Avana un'istituzione statale, l'ESTI, che si incarica di garantire un servizio ufficiale di traduzione e interpretazione. Anche in questa sede si trovano specialisti in lingua italiana, che ovviamente non solo si impegnano in un continuo processo di autoapprendimento, ma anche sono presenti in tutte le occasioni formative che si creano sempre più frequentemente a livello interistituzionale.
Un'ultima annotazione. Pochi mesi fa all'Università di Matanzas si tentò di attivare un progetto che prevedeva l'introduzione dell'italiano come seconda lingua opzionale nella Facoltà di Lingue Straniere. Il progetto fallì proprio per l'assenza di un congruo supporto di risorse docenti. Ma rimane come un orizzonte potenziale per il quale si sta lavorando. Sarebbe la prima università, se si esclude quella della Capitale, a incorporare organicamente l'italiano nei propri piani di studio.
Come si vede, la situazione è rapidissimamente cambiata in pochissimi anni e oggi si ha come l'impressione di un continuo e a volte quasi incontrollabile fiorire di iniziative, di proposte, di progetti, con tutto ciò che questo comporta di positivo, ma anche di negativo. Infatti, a fronte di un accelerato processo di arricchimento quantitativo e di miglioramento qualitativo delle risorse a disposizione, non si riescono ancora a superare certi fenomeni di estemporaneità, approssimazione e urgenza pragmatica, fenomeni che impediscono non solo un serio momento riflessivo e selettivo, ma anche, e soprattutto, una programmazione che coordini e articoli il tutto in un disegno minimamente coerente, in un progetto dotato di cosciente intenzionalità e di capacità di controllo operativo e di prospettiva.
3. L'insegnamento della letteratura italiana a Cuba
L'insegnamento della letteratura italiana nell'Università dell'Avana conobbe un periodo di vero splendore con il lavoro accademico del Dottor Aurelio Boza Masvidal (Camagüey 1911-La Habana 1959).
Boza Masvidal, che si laureò in Filosofia e Lettere nel 1922, viaggiò per vari paesi europei e soprattutto in Italia, dove soggiornò a lungo, stabilendo contatti con il mondo intellettuale. Ritornato a Cuba si propose, nonostante la difficoltà dell'impresa, dovuta in particolare alla scarsissima disponibilità bibliografica, di promuovere tanto la ricerca come l'insegnamento accademico relazionati con la storia della letteratura italiana. Tra i suoi libri fondamentali ricordiamo "Estudios de literatura italiana" del 1945; "Palabra e espiritu de Italia" del 1956; il primo volume di quella che avrebbe dovuto essere una monumentale "Historia de la literatura italiana", di quasi 600 pagine, che si pubblicò nel 1946. Ma Aurelio Boza Masvidal fu soprattutto un maestro, che dalla sua cattedra di letteratura italiana formò varie generazioni di studenti, abituandoli al rigore filologico insieme al gusto della creatività e della empatica intuitività interpretativa. E non fu soltanto dalla cattedra universitaria che si sforzò di diffondere la sua vocazione di italianista. Fu anche presidente della Società Italo-Cubana di Cultura e membro di prestigiose organizzazioni internazionali relazionate con la diffusione della cultura italiana, come la Società Internazionale di Studi Francescana o la Unione Intellettuale Franco-Italiana della Sorbona. Il governo italiano gli concede, nel 1952, come riconoscimento per la sua attività di italianista, l'Ordine al Merito con il grado di Commendatore.
Con la morte di Aurelio Boza Masvidal si chiude il capitolo più importante dell'italianistica cubana.
Dopo le inevitabili riforme accademiche, e con la creazione della Scuola di Lettere nel 1962, si formula anche un nuovo piano di studi. La letteratura italiana scompare come disciplina autonoma e si inserisce nel più amplio ambito della Letteratura Generale, corso che ancora oggi è attivo. È un corso il cui obiettivo è quello di completare e perfezionare la formazione preuniversitaria con la conoscenza della letteratura universale. È in questi corsi che sono riapparsi sporadicamente alcuni autori italiani, soprattutti Dante Alighieri e Giovanni Baccaccio. Sono stati loro, durante molti anni, gli unici rappresentanti della nostra letteratura presenti o almeno accennati nelle aule universitarie cubane.
E tuttavia, nonostante questo indubbiamente desolante panorama, è utile ricordare alcune figure che, pur dentro un contesto così modesto e limitativo, si sforzarono meritoriamente per valorizzare altri momenti e protagonisti della cultura letteraria della patria di Dante. Un ruolo significativo lo ebbe, per esempio, la professoressa Camila Henríquez Ureña. Il "quaderno" che con obiettivi didattici preparò sulla vita e sull'opera di Dante Alighieri, si utilizza ancor oggi come ottimo testo introduttivo al tema. Ugualmente indimenticabili, per l'acutezza delle sue osservazioni e per la qualità pedagogica del loro entusiasmo, furono le lezioni della professoressa Beatriz Maggi, anche lei specialista dell'opera di Dante Alighieri, ma che fece anche conoscere il teatro di Luigi Pirandello, l'opera di Manzoni, di Petrarca, di Machiavelli, di Italo Calvino.
Mentre questa era la situazione nella Facoltà di Arti e Lettere, da vari anni separata da quella di Lingue Straniere, in quest'ultima nei primi anni '90 si incomincia a impartire un "Corso di Cultura Italiana", in cui si fa anche riferimento ad alcuni fasi dello specifico sviluppo della letteratura. Poi, dal 1995 si dà avvio anche a un altro corso, chiamato "Panorama della letteratura italiana dalle origini fino al secolo XX".
In ogni caso, possiamo concludere che, dopo la morte di Aurelio Boza Masvidal, non c'è più stato un insegnamento sistematico e articolato del processo storico della letteratura italiana. Negli ultimi anni, tuttavia, si manifestano alcuni importanti segni di recupero. Nel corso di laurea in Lettere si impartì l'anno scorso [1999] un corso monografico dedicato alla narrativa italiana del '900; quest'anno lo si è ripetuto, centrandolo però sulla poesia. Con la recente creazione dell'Aula "Italo Calvino", sempre nella Facoltà di Arti e Lettere, si sono inoltre attivati una serie di progetti di ricerca riguardanti lo studio della letteratura italiana.
D'altro canto, nella Facoltà di Lingue Straniere il lettore di italiano e una professoressa della Società Dante Alghieri hanno iniziato un corso pluriennale di "Storia della Letteratura Italiana", rivolto agli stessi docenti non solo di quella Facoltà ma anche di tutte le agenzie formative nelle quali vengono impartiti corsi di lingua e cultura italiana. Ricordiamo, infine, che anche nella Società Dante Alighieri e nella sede dell'Union Latina, si organizzano spesso conferenze, molte delle quali trattano temi concernenti la letteratura italiana.
Ricominciano a sorgere anche episodi significativi di ripresa della ricerca accademica. In questo campo è doveroso ricordare il lavoro di alto livello che da anni sta svolgendo la Professoressa Mayerín Bello, della Facoltà di Arte e Lettere, riconosciuta specialista di Italo Calvino, ma anche autrice di numerosi saggi sulla letteratura italiana del Medioevo, alcuni dei quali pubblicati anche all'estero.
Insomma, qualche cosa si muove, anche se non sarà facile recuperare il terreno perduto, mantenere vivo e attivo il ritmo di crscita degli ultimi anni e soprattutto costruire attorno a questo empirico ed estemporaneo fiorire di inziative un progetto di più ampio respiro, che garantisca la necessaria continuità e riproducibilità del processo in corso, nonché la sua strutturazione cosciente e finalizzata in piani di formazione pedagogica, di viabilità didattica, di proiezione sui terreni della ricerca, della diffusione e dello scambio culturale.
4. Una provvisoria conclusione
Assistiamo, insomma, a una sorta di nuova fase aurorale dell'italianistica cubana ed è assai probabile che questa rinnovata effervescenza di spunti e iniziative sia destinata a durare.
Ma è necessario garantire alcune riserve di ossigeno e attivare terapie di rinforzo, altrimenti tutto si potrebbe esaurire in una fiammata di entusiasmo senza nerbo interno capace di controllarla, di guidarla, di mantenerla viva.
In primo luogo, allora, sarà necessario insistere molto sulla "formazione dei formatori", tanto per quanto riguarda la lingua come per quanto attiene alla letteratura italiane. Docenti, professori, esperti, ricercatori cubani hanno fatto in questi ultimi anni passi da gigante e oggi nell'Isola possiamo contare su un consistente gruppo di formatori e potenziali ricercatori di buon livello. Ma vi sono ancora lacune da colmare, soprattutto per quei settori che meno sono stati toccati dalle iniziative di aggiornamento professionale attivate in questi anni: parlo, soprattutto, dei docenti di italiano dei quartieri periferici della capitale e delle province, per i quali bisognerà pensare a specifici progetti formativi e di perfezionamento delle competenze professionali.
Per quanto riguarda poi le dotazioni librarie e i supporti di tecnologia educativa si deve continuare nel cammino intrapreso. Benché la situazione sia notevolmente migliorata rispetto a pochi anni fa, tuttavia c'è ancora molto da fare. Ci sono molti centri formativi dove si insegna italiano che non hanno ancora a disposizione né un dignitoso dizionario di italiano, né una grammatica. D'altro canto gli studenti lavorano prevalentemente senza libri e anche ciò costituisce un limite nella pratica didattica. Infine, mancano biblioteche fornite per supportare la ricerca di alto livello accademico. Quest'anno, ad esempio, ricorre il quarto centenario della morte di Giordano Bruno, ma chi volesse trovare qualcuna delle sue opere nelle biblioteche dei centri specializzati resterebbe probabilmente deluso.
Più importante ancora di tutto ciò sarà la capacità di articolazione degli italianisti cubani tra loro, affinché si possa superare la frammentazione e disarticolazione delle distinte iniziative. Solo in questo modo sarà possibile rinforzare le sinergie potenzialmente convergenti in un lavoro comune e collettivo, che rinforzi i punti deboli, colleghi le monadi altrimenti isolate, rompa l'isolamento dei nuclei periferici, giunga infine a elaborare un progetto unitario, che, nel rispetto delle diversità e specificità istituzionali, programmatiche e contestuali di ciascuno, si ponga tuttavia come riconosciuto polo di identità e di orientamento.
Per ultimo, sarà anche necessario porre in agenda alcuni obiettivi di carattere istituzionale, affinché tutta questa "rinascita" dell'italianistica possa trovare anche i suoi formali e ufficiali riconoscimenti. Sto pensando, per esempio, all'istituzione di un vero e proprio corso di laurea in lingua italiana, alla riattivazione di un corso accademico stabile di storia della letteratura italiana, alla possibilità di far ottenere ad alcuni docenti cubani il diploma-certificazione con validità internazionale rilasciato da alcune università per stranieri italiane.
Si tratta insomma di cominciare seriamente a dare a tutto il processo coesione, coerenza, progettualità, nonché i necessari piedistalli istituzionali e i supporti concretamente operativi.
Il tempo della navigazione sottocosta comincia ad esaurirsi. È necessario attrezzarsi, perché tra un pò sarà il momento di cominciare a veleggiare in mare aperto.
Note
1.In A. Boza Masvidal, Estudios de literatura italiana, Editorial Selecta, La Habana, 1945, p. 256
2.Basti ricordare il caso di Cesare Zavattini, che soggiornò più di una volta all'Avana, o quello del famoso regista cubano Tomás Gutierrez Alea, autore di film come "Memorias del subdesarrollo" e "Fresa y chocolate", che si formò frequentando corsi di direzione cinematografica a Roma, a Cinecittà.
3.N. Roque Valdés: "Las relaciones Italia-Cuba en los '90", en Revista de Estudios Europeos, n. 42. p 91.
4.Si vedano queste distinzioni nel testo di P. Balboni: Didattica dell'Italiano a stranieri, Bonacci Editore, Roma, 1994.
5.Nell'anno 1999, ad esempio, sono stati circa 1000 i matrimoni di coppie miste italo-cubane.
6.Questo riferimento a fenomeni che potremmo quasi definire di costume non sorprende ormai più, dal momento che già da tempo si è riconosciuto il peso fondamentale che possono esercitare queste manifestazioni di cultura popolare. Si possono al riguardo, rileggere le considerazioni di Tullio De Mauro (il quale a sua volta si rifà ad alcune acute osservazioni di Gramsci) riferite al passaggio dal dialetto alla lingua nazionale, in "La questione della lingua", in La cultura italiana del '900, a cura di Corrado Stajano, Editori Laterza, Bari, 1996, p. 430.
Per gentile concessione di Alessandro Baldi, Webmaster del Sito WEB "Ameritalia"
Progetto di Cooperazione Interuniversitaria del Departamento de Italiano de la Universidad Central de Venezuela e del Departamento de Idiomas l'Universidad Simón Bolívar