Massimo Bigioni insignito del premio culturale 2011 “Arte Seraphicum” pubblico riconoscimento al merito
Una giuria di tecnici ha ritenuto il pittore di Leonessa l’artista rivelazione dell’anno
E’ andata al pittore Massimo Bigioni, nativo di Leonessa in provincia di Rieti, il premio culturale 2011 “Arte Seraphicum” pubblico riconoscimento al merito.
La consegna della targa si è svolta all’interno della “Serata dell’Artista” ideata ed organizzata dall’editore della rivista Urbis et Artis Gastone Ranieri Indoni.
Una giuria di tecnici, presieduta da Anna Maria Salvati e composta dai critici d’arte
Emidio Di Carlo, Mara Ferloni, Sonia Terzino ha ritenuto Massimo Bigioni l’artista più idoneo ad essere insignito di questa prestigiosa onorificenza.
“Bigioni – spiega la giornalista, critica d’arte e gallerista Sonia Terzino che ha consegnato la targa – racchiude e porta in se tutti i tratti del vero artista. Vive e si nutre quotidianamente della sua arte nella quale profonde amore ed energie illimitate. Con Massimo la pittura torna agli antichi splendori, sulle sue tele tornano a vivere le emozioni dei grandi maestri del passato. Osservando i lavori di Bigioni la mente corre immediatamente alle opere d’arte di Caravaggio, del Murillo, di Tiziano, di Antonello da Messina, il tutto sapientemente interpretato da un artista del nostro tempo che, con un occhio, guarda ai grandi della storia dell’arte, ma che poi con le sue doti pittoriche riesce a proiettarsi nel futuro più lontano.
In Massimo la pittura è vita, è energia pura, che esce dal quadro e si espande nell’universo. I personaggi che popolano le sue tele sono figli della sua terra, è da quella realtà che quotidianamente Massimo prende spunto per i suoi lavori. Tuttavia grazie alle sue capacità valica i confini delle austere montagne e parla il linguaggio dell’arte universale.
Con lui nasce una nuova corrente pittorica che è quella del “puro realismo”. Bigioni attraverso i suoi personaggi carismatici, popolari, pieni di forza e di vigore, dotati della dignità di saper sopportare il dolore, getta le basi del nuovo manifesto dell’alienazione, dei turbamenti esistenziali dell’umanità del nostro tempo.
Queste donne e questi uomini, che nascono tra le montagne reatine, racchiudono e portano in se tutti i dolori dell’umanità contemporanea, passano nei loro occhi, tra le rughe delle mani e dei loro volti le sofferenze delle madri dell’Iraq, della Bosnia ed Erzegovina, della Palestina e Gerusalemme, delle donne che quotidianamente vengono stuprate, malmenate, dei padri che perdono i figli ed il lavoro, dei milioni di bambini che ogni giorno muoiono di fame. Massimo con la sua pennellata decisa riesce a raccontarci tutto questo. E’ raro trovare un artista dove convivono felicemente la forza dei personaggi e quella del colore. Non esiste un confine tra l’uno e l’altro, tutto è armonioso, non si sa se nasce prima il disegno o poi la cromia, quello che si evince è che forma e colore prendono vita sincronicamente e si danno reciprocamente luce.
Il risultato è che sono lavori che vivono sempre al di fuori del tempo e dello spazio, e se è la provincia che gli da’ i natali è poi l’universo mondiale il contesto che gli appartiene.
Anche nella pittura sacra Bigioni non punta ad un classicismo di maniera e non trova disdicevole far indossare i panni delle sue Madonne e dei suoi Santi a personaggi popolari, scarni. Tra la sua gente Massimo trova il volto della Madonna, di San Giuseppe da Leonessa, di Gesù e riesce a farlo con una religiosità profondamente pura, trovando in ogni essere umano il riflesso del Divino. Se in alcuni tratti è il cinquecento ed il seicento la fonte d’ispirazione per le sue creazioni, scopriamo un background ancora più antico che affonda le proprie radici nell’arte preraffaellita e peruginesca. Le Madonne di Bigioni hanno il capo coperto, il volto basso, pudico, prive di fronzoli come quelle di Cimabue e Giotto. Questa commistione di stili, di reminiscenze storiche, di vite vissute di un patrimonio genetico mondiale fanno di Bigioni un artista di vero talento che ha saputo dare un nuovo corso alla pittura contemporanea. Lontano dalle mode del momento, lontano dalla tecnologia moderna, Massimo ha saputo fare del suo sapere, della sua genuinità, la fonte primaria della sua arte. Osservandolo attentamente si torna indietro nel tempo, nel suo fisico michelangiolesco, in quello sguardo diretto, puro, troviamo tutta la forza del gladiatore, il diretto discendente della stirpe degli Equi, popolazione così chiamata per il loro amore per la giustizia e che si insediarono nei territori reatini tra l’era paleolitica e neolitica. L’ultimo custode di un sapere atavico, che solo le rocciose montagne hanno saputo preservare e tutelare. Massimo è tutto questo, l’uomo e l’artista vivono sulle sue tele che riflettono un animo bello, nobile, sublime di una persona che riesce quotidianamente ad elevarsi al di sopra delle miserie umane. Bigioni ha trovato nell’arte il veicolo per esorcizzare le sue e le nostre sofferenze, ma in modo particolare ha trovato la parte più bella di se stesso che ogni giorno con forza, saggezza e bellezza riesce a far vivere.
Ufficio Stampa
Sonia Terzino
giornalista, critica d’arte, gallerista
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