Riforma sanitaria lombarda: dalle Associazioni dei pazienti un appello a migliorarla “Il criterio di una Casa di comunità ogni 50mila abitanti: come può essere implementato nelle valli o nelle zone montuose, dove la popolazione è più rada?”
24 luglio 2021 - La Lombardia vuole rilanciare la sanità territoriale, rivedendo quella che è l’attuale legge 23 del 2015. Qual è il pensiero delle Associazioni di pazienti?
24 luglio 2021 - La Lombardia vuole rilanciare la sanità territoriale, rivedendo quella che è l’attuale legge 23 del 2015. Qual è il pensiero delle Associazioni di pazienti?
Motore Sanità lo ha domandato ai diretti interessati, nel corso del webinar “LA NUOVA RIFORMA SANITARIA LOMBARDA”, con l’obiettivo di raccogliere idee e proposte migliorative. Questa occasione ha voluto essere un ponte di Incontro tra i cittadini e le istituzioni per raccogliere i suggerimenti dei cittadini sulla riforma in questione.
“Rispetto a quella che è stata la legge 23, vedo oggi gli stessi spettri del passato: quali saranno i modelli operativi?”, è il commento di Michela Bruzzone, Responsabile Attività Complesse AISM: “Le difficoltà di cura sono ancora presenti in regione Lombardia per persone con sclerosi multipla: cito per esempio il problema della riabilitazione. Per una patologia come la sclerosi multipla dove la riabilitazione è cura, forse il territorio dovrebbe essere il luogo più idoneo. E quindi ci domandiamo: queste Case di comunità ci daranno qualcosa in più, oppure il fatto che l’ospedale prevalga continuerà a portare l’aspetto della riabilitazione più sul ricovero ospedaliero?”.
“Il territorio va presidiato con la telemedicina, con persone che si muovono verso i malati (le Case di comunità non possono diventare i nuovi pronto soccorsi più piccoli e decentrati), ci deve essere un nuovo modo di fare medicina e un consumo appropriato delle risorse. Le scelte vanno prese insieme, con i vari specialisti”, è la risposta di Stefano Magnone, Segretario ANAAO ASSOMED Lombardia.
Ha parlato di Case di comunità anche Stefano Nervo, Presidente Diabete Italia: “Ottima cosa la formalizzazione del confronto permanente con le Associazioni, quello che mi chiedo è il criterio di una Casa di comunità ogni 50mila abitanti: come può essere implementato nelle valli o nelle zone montuose dove la popolazione è più rada?”.
Un altro punto critico, sottolineato da Manuela Aloise, Presidente Lega Italiana Sclerosi Sistemica, è il medico di famiglia: “Spesso la politica scrive programmi che sono avulsi da quella che è la realtà delle persone: continuiamo a non considerare che ogni paziente è una persona, che ruota attorno a una realtà sociale. Ciò premesso, mi piace sottolineare che il medico di famiglia è una figura fondamentale perché stabilisce con il paziente una relazione interpersonale fondamentale basata sulla fiducia reciproca. Esautorare il suo ruolo, a mio avviso, è gravissimo”.
Di altro avviso Fiorenzo Corti, Vice Segretario Nazionale FIMMG: “Una cosa che mi piace è che verrà garantita la libertà di scelta del cittadino, che potrà scegliere il proprio medico di famiglia e la scelta del luogo di cura”.
A proposito di cura: “Esiste la necessità di una cabina di comando competente e responsabile in ambito regionale, con il compito di lavorare sul percorso di cura di tutti i malati cronici (post ictus e non solo), sulle prestazioni online e poi sulla verifica della qualità di questi processi”, ha chiosato Franco Groppali, Presidente A.LI.Ce Milano e Lombardia.
Un problema evidenziato anche da Barbara Suzzi, Presidente Associazione Comitato Fibromialgia Uniti Italia ODV: “Il nostro timore è quello che si venga ancora più dimenticati. Noi malati fibromialgici fatichiamo ad uscire dall’invisibilità, abbiamo l’esigenza di essere presi in carico da qualcuno e quindi abbiamo paura di essere rimpallati ancora di più in quanto sia già oggi, visto che siamo orfani di Percorsi Diagnostico Terapeutici Assistenziali, orfani di cura, orfani di casa”.
Le criticità non sono solo logistiche: “Bisognerebbe avere anche la possibilità di istruire i professionisti a curare certe patologie”, ha precisato Maria Grazia Pisu, Presidente Associazione Lombarda Malati Reumatici ALOMAR ODV. “Per i pazienti reumatologici, per esempio, questo tipo di assistenza è molto carente. La stessa cosa vale per i terapisti occupazionali: avremmo una qualità di vita migliore se riuscissimo a fare dei corsi con professionisti che conoscano le nostre caratteristiche. Spero si riesca a organizzare una qualità di vita diversa per i pazienti cronici e reumatologici”.
A questo proposito, tra le proposte avanzate da Gianluca Rossi, già Presidente AIFI Lombardia, Associazione Italiana di Fisioterapia, è il fisioterapista di comunità. “Il cittadino per forza e spesso, durante la propria vita, ha un bisogno di riabilitazione. Se vogliamo farla bene, dobbiamo andare a vedere che quei bisogni di salute siano individuati tra le figure che sono in grado di individuarli. Altrimenti non vengono esauditi. Nessuno cita il fisioterapista nelle Case e negli Ospedali di comunità, quando sappiamo bene che le persone che non fanno fisioterapia probabilmente ritornano in ospedale con costi elevati, oppure vanno in RSA e perdono qualità di vita, oppure muoiono”.
E come non tenere conto della carenza di infermieri? In Italia ne mancherebbero all’appello 60mila, di cui 9mila nella sola Lombardia, come ha sottolineato Stefania Pace, Presidente Opi Brescia, componente Commissione Albo Infermieri Fnopi: “Un dato importante è che si stanno reclutando e formando i primi infermieri di famiglia di comunità. In Regione abbiamo chiesto la loro implementazione e ci stiamo arrivando”.
A conclusione del webinar, arriva anche la richiesta di Carmela Galdieri, Componente TSRM e PSTRP, Tecnici Sanitari Radiologia Medica e Professioni Sanitarie Tecniche della Riabilitazione e della Prevenzione Milano e Provincia: “Occorre andare a definire quali saranno le professioni che troveranno posto all’interno dei team multidisciplinari che opereranno all’interno delle strutture e del territorio. Quindi trovare nella multidisciplinarietà uno spazio a livello anche di coordinamento e di dirigenza per queste figure professionali. Io auspico, per le 19 professioni sanitarie che in questo momento rappresento, che il nostro ruolo all’interno della sanità territoriale lombarda sia esplicitato e riconosciuto in maniera integrale per esprimere il servizio alla persona”.