Al Teatro Bonci di Cesena Luigi Lo Cascio in "PA’", da testi di Pier Paolo Pasolini
Drammaturgia Marco Tullio Giordana, Luigi Lo Cascio. Regia Marco Tullio Giordana.
“Saremo in molti a chiederci, anche dopo il centenario dalla nascita, quanto attuale rimarrà Pasolini, cosa di lui sarà ancora vivo e cosa ingiallito, cosa ancora portabile e cosa riporre nell’armadio in attesa di tornare in auge come modernariato”.
Così Marco Tullio Giordana spiega nelle note di regia le motivazioni alla base dello spettacolo Pa’, prodotto dallo Stabile del Veneto e pensato insieme all’attore Luigi Lo Cascio, che ne è ormai da anni “compagno di ventura”, come Giordana stesso lo definisce.
“Io sono stato uno di quei ragazzi che lo chiamavano Pa’, che lo pensavano come contemporaneo, uno che avresti potuto avere a portata di mano se non l’avessi considerato un maestro irraggiungibile. Nella sua poesia ritrovavo le stesse provocazioni, gli stessi stimoli, ma come se tutto fosse stato risolto in una forma e apparisse perciò meno doloroso, meno disperato di quanto trapelava negli articoli o nella prosa militante. Quanta rabbia in lui a scrivere, quanta in noi a leggerlo, strana la sensazione di intimità e irritazione, come davanti a un fratello maggiore infinitamente dotato, amatissimo e indisponente”.
Pasolini, un fratello maggiore che mai volle essere un profeta, che restò per tutta la vita in un rimpianto nostalgico per la vita del popolo che precedeva il suo essere “classe”, per l'incantevole debolezza dell'umanità disagiata che sogna il riscatto della propria condizione, per il rapporto con la madre che rappresenta un legame e un amore che trascende ogni tipo di volontà e contatto,
"Tu sei la sola al mondo che sa, del mio cuore,
ciò che è stato sempre, prima d’ogni altro amore"
E poi per la natura della campagna friulana e per le borgate del sottoproletariato romano che precedono l’industrializzazione, per le lingue dialettali che precedono il conformismo della lingua nazionale imposto dalla televisione, per il corpo innocente dei ragazzi del popolo che precede quello stereotipato richiesto dal “nuovo fascismo” della società dei consumi.
Il conflitto fra stato di natura originario e deturpazione di questo universo come una delle idee fondanti dell’allestimento di Giordana/Lo Cascio: la forza e l’originalità di Pasolini si basano, per un verso, sulla consapevolezza della trappola nostalgia-rimpianto e, per altro, sulla considerazione che "il mondo sacro su cui ci affacciamo non appena aperto il sipario è un mondo ormai irreversibilmente perduto".
E, infine, la morte, che "non è nel non poter comunicare, ma nel non poter più essere compresi", la morte che è l'oscurità rispetto ai colori della luce ed allo splendore del cielo, la morte del poeta, la sua morte, nelle poesie introdotte dall'epigrafe "se il chicco di grano, caduto in terra, non morirà, rimarrà solo, ma se morirà darà molto frutto".
Una forma vibrante, irriducibile di nostalgia, di “passione per l’immobile” in cui il poeta vorrebbe contrastare il divenire del tempo, impedire l’allontanamento dalla propria madre, dalla propria casa, dalla propria terra, dalle proprie radici, è il fulcro della prima parte dell’allestimento di Giordana-Lo Cascio.
Come afferma Giordana: "Lo spettacolo cerca di dar conto proprio di questa disperata attualità, senza preoccuparsi troppo di apparire parziale o arbitrario. D’altra parte ognuno ha il suo Pasolini, com’è giusto che sia, e questo non è che il nostro. Anzi il “suo”, perché non c’è parola, virgola, capoverso che non provenga dalla sua opera tanto che potremmo definirlo un’autobiografia in versi".
La scenografia di Pa’ è il risultato di varie suggestioni artistiche, cinematografiche e letterarie, suggestioni che nascono però prima di tutto dal dialogo tra regista e scenografo.
“L’idea del prato verde è frutto di uno dei primissimi incontri con Marco Tullio Giordana – racconta infatti Giovanni Carluccio – Il declivio vuole rappresentare un ameno paesaggio collinare immerso nella natura, le luci sono le lucciole, insetti che abitano luoghi puliti come poteva essere il Friuli della prima giovinezza di Pasolini. La scena con la quale si apre lo spettacolo è un paesaggio dell’infanzia poi contaminato dall’immondizia, che invece affollava le periferie che tanto attraevano il poeta, come quella romana dove l’archeologia convive con la spazzatura”.
Sono i luoghi di Pasolini, ma anche periodi o avvenimenti della sua vita che, attorno ai versi, vissuti più che recitati, nel monologo di Luigi Lo Cascio e la partecipazione muta ma suscitatrice di emozioni visive di Sebastien Halnaut, si costruiscono e prendono vita nel corso della rappresentazione attraverso semplici oggetti carichi di significato.
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Teatro Bonci Cesena
LUIGI LO CASCIO
PA’
Drammaturgia Marco Tullio Giordana, Luigi Lo Cascio
da testi di Pier Paolo Pasolini
regia Marco Tullio Giordana
con la partecipazione di Sebastien Halnaut
scene e disegno luci Giovanni Carluccio
costumi Francesca Livia Sartori
musiche Andrea Rocca
aiuto regia Luca Bargagna
foto e video Serena Pea
Produzione TSV – Teatro Nazionale